La visita italiana del presidente del Partito popolare europeo, Manfred Weber, e il suo sostegno al centrodestra, erano tutt'altro che scontati. Visto il peso esercitatovi dalle forze sovraniste, estranee al Ppe, avrebbe potuto limitarsi a qualche frase di circostanza, due giorni prima del voto. Invece, grazie all'autorevolezza di Silvio Berlusconi, l'appoggio è decisamente caloroso.
L'evento costituisce al tempo stesso una novità, un'opportunità e la certificazione di un dato di fatto strutturale. La novità è che i popolari hanno seppellito (politicamente) Angela Merkel. Durante il suo lungo regno, il Ppe, di cui è stata l'esponente più importante, seguì il monito opposto a quello classico della sinistra: pas d'amis à droite, nessun amico a destra, quindi lotta decisa contro tutto ciò che stesse alla destra dei partiti popolari. Mentre il Pse continuava ad applicare il pas d'ennemi à gauche, nessun nemico a sinistra, cioè alleanze anche con le forze di estrema sinistra. Il risultato della linea Merkel? I popolari sono all'opposizione in larga parte dei Paesi della Ue.
Certo, a volte, anzi molto spesso, questa destra era impresentabile e decisamente anti Ue: ma al tempo stesso la rigidità del Ppe merkeliano, più incline ad allearsi con i socialisti, ha contribuito a questa glaciazione. Ora, grazie anche alla nuova linea nei democristiani tedeschi, il Ppe guarda a destra, alle elezioni italiane, ovviamente, e a quelle spagnole, dove i popolari potrebbero dover ricorrere ai voti di Vox. Weber ha capito che, dialogando con i cosiddetti sovranisti, è possibile spostarli verso il sostegno all'integrazione europea: come del resto pare aver compreso Giorgia Meloni. Da qui l'opportunità che per lei, se sarà premier, e per il nostro Paese, rappresenta la visita di Weber.
Un governo con questo centrodestra rischia infatti di essere un paria della Ue, tipo Ungheria: ha perciò bisogno che, a Bruxelles, il principale partito della Ue, il Ppe, faccia in qualche modo da garante, dato che gli esecutivi guidati da esponenti estranei alle principali famiglie politiche Ue durano poco, come dimostra la vicenda del Conte I. Il ruolo di Forza Italia sarà quindi assai più importante di quanto i meri rapporti di forza numerici potrebbero far pensare.
Infine, la constatazione.
Ormai non esistono più campagne elettorali «nazionali»: tutte, in qualche modo, sono diventate europee. Per questo, chi si assume la carica di governo non può pensare di tenere in fibrillazione l'Unione, tipo Orbán insomma. O, se lo farà, rischierà di restare al potere lo spazio di un mattino.
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