Credo che Marcello Dell'Utri conosca perfettamente l'Utopia di Tommaso Moro. L'edizione che sfoglio è stata stampata il giorno di Sant'Ambrogio 1991 per conto di Publitalia '80. Fa parte di una collana dedicata all'utopia che proprio Dell'Utri ha seguito personalmente per oltre vent'anni, pubblicando alcuni dei classici più importanti della storia del pensiero occidentale.
Credo che ricordi anche il passaggio dedicato alle leggi e all'amministrazione della giustizia, quasi profetico pensando alla fine di Moro, imprigionato per avere rifiutato di piegarsi ai voleri di Enrico VIII, e infine decapitato sul patibolo. Hitlodeo nel raccontare i costumi degli utopiani spiega che sull'isola le leggi sono poche e chiarissime, sono chiare altrimenti non capendole sarebbero inutili a indirizzare i cittadini; inoltre dice che «la vita nella società è amabile perché nessun magistrato è prepotente o incute timore: li si chiama padri e da padri essi si comportano».
Non so se Dell'Utri, ormai vecchio e malato in carcere, possa definire «padri» i giudici che l'hanno condannato in base a leggi non certo chiarissime, e non so neppure se i giudici si comportino da «padri» negandogli la possibilità di essere curato nel migliore dei modi e rimandando in là nel tempo il momento in cui si deciderà se le sue condizioni sono compatibili con il regime carcerario. Non so se un uomo vecchio invochi ancora l'aiuto del padre, oppure invochi semplicemente il padre dei cieli come faceva Moro, che era padre, scrivendo lettere alla figlia Margherita, e anche Dell'Utri ha una figlia con questo nome: «Mia cara Margherita, la grazia di Dio mi ha fatto così gran bene e dato tale forza spirituale, da farmi considerare la carcerazione come principale dei benefici elargitimi». Non so se Dell'Utri pensi che la carcerazione sia un beneficio, se come san Tommaso Moro in seguito sarà riabilitato in altri più alti tribunali, o se più semplicemente, come è successo nel caso Contrada, l'Italia verrà condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, essendo vietati trattamenti inumani o degradanti.
So però una cosa: la situazione di Dell'Utri è grave, uno Stato di diritto non dovrebbe permettere che un uomo muoia inutilmente in carcere, né un uomo che è stato potente né l'ultimo dei miserabili meritano questa sorte, nessuno dovrebbe essere sottoposto a umiliazioni da una burocrazia e da una magistratura che, come scriveva Verri tre secoli fa, «gradatamente si è incallita agli spasimi delle torture per un principio rispettabile, cioè sacrificando l'orrore dei mali di un uomo, solo sospetto reo, in vista del ben generale della intera società». Due giorni fa, i colleghi del Tempo hanno lanciato un appello per chiedere che Marcello Dell'Utri abbia la sospensione della pena per motivi di salute (firmaperdellutri@iltempo.it).
È un modo per attivare l'opinione pubblica; in fin dei conti, chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale ben comprende che l'accanimento contro Dell'Utri fu motivato da motivi politici, ma oggi le ragioni di umanità e di diritto devono prevalere su quelle della politica.
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