Cantano Bella Ciao sul sagrato: la vendetta del prete

Scoppia la polemica. Secondo l'Anpi non è un brano rosso, ma della Resistenza

Cantano Bella Ciao sul sagrato: la vendetta del prete

Cantare “Bella Ciao” sul sagrato del Duomo può voler dire essere cacciati dal sacerdote. Don Gianandrea Di Donna, 55 anni, direttore dell'Ufficio diocesano per la liturgia a Padova, non ci ha pensato due volte quando sabato scorso, 22 maggio, ha interrotto il gruppo musicale Balkan Bazar che stava cantando e suonando, proprio sul sagrato del Duomo di Padova, la canzone Bella Ciao.

Il sacerdote: "Né rosso né nero"

Secondo quanto riportato dal Corriere del Veneto, il sacerdote è sceso in piazza mentre il gruppo stava eseguendo la canzone, nel bel mezzo di un concerto organizzato dal Comune e, senza tanti giri di parole si è rivolto ai membri del gruppo musicale: “Qui no, né rosso né nero”. Con chiaro riferimento politico a comunisti e fascisti. Con il malcontento degli spettatori presenti, il brano è stato però interrotto. Il giorno dopo l’Anpi ha scritto al sacerdote: “Reverendo, lei si è sentito in dovere di intervenire perché Bella Ciao costituirebbe oltraggio rispetto alla sacralità del luogo di esecuzione. Facciamo osservare che Bella Ciao è un canto che esalta la Libertà, i partigiani morti. Non è un canto rosso: è un canto per la Resistenza”. Hanno poi fatto sapere al don che avrebbero scritto anche al vescovo perché servono spiegazioni.

Dalla Diocesi, almeno per il momento, nessun commento su quanto avvenuto. Anche perché era stata proprio questa a concedere l’autorizzazione al Comune per lo svolgimento del concerto, il quale aveva ingaggiato il gruppo. L’assessore Francesca Benciolini, della giunta comunale di sinistra, ha escluso che il sacerdote volesse censurare il brano e ha chiesto di evitare polemiche. A difesa del prete è invece sceso in campo Andrea Ostellari, senatore padovano della Lega che, rivolgendosi a don Di Donna ha affermato: “Ha fatto bene a intervenire. Oggi sostenere posizioni di buonsenso richiede coraggio. Io sto con lui”.

La battuta del Pontefice

Durante l’assemblea della Cei a Roma, il Papa ha preso la palla al balzo per punzecchiare i suoi vescovi. Ha infatti esordito, con tono ironico:“Quando sono entrato mi è venuto in mente un cattivo pensiero, scusatemi: ma siamo ad una assemblea dei Vescovi o ad un concorso per eleggere il vescovo più bello?”. Il primo argomento trattato è stato il Sinodo che “deve cominciare dal basso in alto, nelle piccole comunità, Per quanto ci riguarda, apprezziamo la mossa del sacerdote sia per il gesto in sé che per il merito di quanto detto su Bella Ciao. Un prete, ci chiediamo, ha o non ha la possibilità di pretendere che nello spazio antistante una chiesa risuonino solo musiche religiose e non si levino inni di battaglia, canti fatti propri da fazioni politiche o adottati da schieramenti a fini ideologici? Ha o non ha la sacrosanta libertà di esigere che là, davanti al Duomo, si sentano solo le preghiere di chi vuol vivere e morire da cristiano e non i versi di chi sogna di morire da partigiano, come dice invece la canzone? Altrimenti c'è il rischio che quelle note, dal sagrato, si spostino dentro la chiesa, come è già accaduto a Pistoia, dove un parroco, don Massimo Biancalani, avenelle piccole parrocchie. Questo ci chiederà pazienza, ci chiederà lavoro, ci chiederà far parlare la gente”.

La preoccupazione maggiore del Santo Padre riguarda il fatto che possa verificarsi una selezione non molto accurata di coloro che potrebbero diventare sacerdoti: “Abbiamo visto con frequenza seminaristi che sembravano buoni ma rigidi. La rigidità non è del buono Spirito”. Papa Francesco ha infine parlato dei tribunali ecclesiastici che in Italia hanno recepito con lentezza la riforma sulla nullità matrimoniale. Bergoglio si è detto soddisfatto di quanto fatto in Cei, annunciando però che ci sarà una "visita" dei giudici rotali nelle diocesi.

Perché è un brano rosso

Come sottolineato da Libero, Bella Ciao è da considerare un brano rosso perché, come affermato da vari studiosi, non venne tanto cantata durante la Guerra di Liberazione, ma venne attribuita a quel periodo solo in seguito.

Diventando un inno rosso quando ha iniziato a essere cantata tra la fine degli anni '40 e l’inizio degli anni '50, ai festival mondiali della Gioventù Democratica, una organizzazione sinistrorsa erede della Gioventù Comunista Internazionale. Poi anche durante le manifestazioni operaie e quelle studentesche del ’68. Una proposta di legge avanzata dal Pd chiede addirittura di introdurne lo studio nelle scuole.

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