Capolinea Conte

Renzi diserta il Cdm ed esplode la crisi. Il premier attacca: «Fa opposizione maleducata». E telefona a Mattarella per cercare un'altra maggioranza

Capolinea Conte

L a notte, magari, ha portato consiglio. Anche se a ieri sera non c'era alcun indizio che facesse pensare a una mediazione possibile. Per tutta la giornata, infatti, l'escalation di prese di distanza e accuse reciproche è andata avanti inarrestabile. Uno scontro frontale che è solo nominalmente sulla prescrizione, perché l'insofferenza di Matteo Renzi verso Giuseppe Conte e tutto il Pd è nota da tempo. Come pure che il premier ha ormai preso consapevolezza del fatto che difficilmente riuscirà ad andare avanti a lungo con una maggioranza quotidianamente picconata da un guastatore seriale come l'ex segretario dem.

Così, dopo giorni di silenzio e messo di fronte all'ennesimo schiaffo del senatore fiorentino, il premier pare abbia deciso che è davvero arrivato il momento della controffensiva. Il leader di Italia viva, d'altra parte, questa volta ha alzato parecchio il tiro, annunciando che i suoi due ministri (Teresa Bellanova ed Elena Bonetti) avrebbero disertato il Consiglio dei ministri convocato per la serata. Poco importa che la titolare delle Politiche agricole sia in missione a Mosca (anche se già oggi è attesa a Milano), perché Renzi rivendica la loro assenza come una ragionata scelta politica in polemica con Conte. Che, forse, dopo tanti scontri con il leader di Italia viva, immagina possa essere questo il momento giusto per mettere le cose in chiaro. Il premier questa volta reagisce a muso duro, attacca Iv che sta in maggioranza ma si comporta «come un'opposizione maleducata». E punta il dito contro l'eventuale assenza dei due ministri renziani: «Non sedersi a un tavolo istituzionale quando si ha un incarico di responsabilità la ritengo un'assenza non giustificata». E ancora: «Renzi in questi giorni sta votando costantemente con le opposizioni, credo debba darci un chiarimento».

E, almeno a ieri sera, l'idea di Conte era di andare a chiedere quel «chiarimento» direttamente al capo dello Stato. Intenzione che anticipa nel pomeriggio al Colle con una telefonata a un Sergio Mattarella che però predica prudenza. Il premier - questo confida a sera a chi ha occasione di sentirlo personalmente - avrebbe infatti deciso di salire al Quirinale, magari già oggi. E non per dimettersi, ma per chiedere al presidente della Repubblica di essere rinviato alle Camere. Insomma, una verifica di maggioranza in piena regola e con tanto di passaggi parlamentari. Già, perché a differenza di quanto diceva ieri il segretario dem Nicola Zingaretti («l'eventuale fine di questo governo coincide con la fine della legislatura»), l'idea sarebbe quella di sostituire la pattuglia di Italia viva (29 deputati e 17 senatori) con un gruppo di Responsabili che stabilizzi l'esecutivo. Renzi lo ha capito, anche perché non è solo Conte a non sopportare più l'ex premier ma tutto il Pd. «Caro presidente del Consiglio, noi non abbiamo aperto la crisi, ma se vuoi cambiare maggioranza accomodati. Sai come farlo, perché lo hai già fatto», è la durissima replica del senatore toscano. Che in privato è ancora più tranchant: «Se mi mandano all'opposizione sono l'uomo più felice del mondo».

Uno scontro all'arma bianca, che comunque vada a finire porta l'esecutivo su una china pericolosissima. Difficile, infatti, ricomporre una frattura tanto violenta. Sullo sfondo, il solito gioco del cerino per far ricadere sull'altro la responsabilità della rottura. Se Conte chiede «un chiarimento», Renzi risponde infatti che «la palla tocca al premier» perché Italia viva «non ha aperto alcuna crisi». Solo tatticismi, perché il solco politico e umano che divide i protagonisti di questa partita è ormai oceanico. E se davvero il premier e il Pd hanno deciso che la convivenza con Renzi non è più sostenibile, forse la decisione di disertare il Consiglio dei ministri può essere il pretesto giusto - anche da un punto di vista della comunicazione - per salire al Colle e chiedere una verifica. Di fatto, aprendo la strada a un nuovo governo. Con il referendum sul taglio dei parlamentari in programma il 29 marzo e i tempi necessari a modificare i collegi elettorali se dovesse vincere il «sì» (come oggi pare scontato), le elezioni anticipate sembrano infatti uno scenario improbabile.

Detto questo, quando si apre una crisi di governo tutto può succedere. Dalla sostituzione di Italia viva con i Responsabili, fino a un governissimo che domani potrebbe raccogliere il sostegno perfino di chi fino a ieri lo denigrava (citofonare via Bellerio).

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