A poche ore dal blitz che inchioda diciannove presunti esponenti della mafia nigeriana, rei di controllare diverse piazze di spaccio del catanese, è il procuratore del capoluogo etneo in conferenza stampa ad illustrare i dettagli dell’operazione. Carmelo Zuccaro è a capo della procura di Catania dal 2016, ma è l’anno successivo che il suo nome diventa popolare anche nel resto d’Italia: il procuratore avvia infatti un’inchiesta per presunte connessioni tra Ong e scafisti libici.
Un’indagine che solleva un autentico polverone che se da un punto di vista giudiziario non porta a nulla, sotto un profilo prettamente mediatico invece costituisce anche oggi argomento di dibattito. Gli arresti delle scorse ore non hanno nulla a che vedere con gli sbarchi, né tanto meno con quanto sta accadendo nella vicina Siracusa con il blocco a largo della nave Sea Watch 3. Ma, in qualche modo, il tema dell’immigrazione in conferenza stampa a Catania appare ugualmente centrale: “Il Cara di Mineo è un errore – tuona Zuccaro – Lo paghiamo in termini di controllo della legalità”.
L’organizzazione criminale nigeriana ha base proprio all’interno del Cara, secondo le indagini che portano in galera i diciannove nigeriani. Ed il procuratore tiene a sottolineare questo aspetto, anch’esso delicato sotto il profilo mediatico dopo lo sgombero della struttura “gemella” di Castelnuovo di Porto dei giorni scorsi e gli annunci del ministro Salvini circa la prossima chiusura degli altri Cara italiani.
“Non sono qui per esprimere opinioni – rincara e sottolinea poi Zuccaro – Ma io qui constato che così come è il Cara di Mineo non funziona assolutamente e non svolge assolutamente il suo compito. Anzi diventa snodo per i traffici di sostanze stupefacenti e luogo nel quale entrano ed escono criminali e nel quale si svolgono episodi di una brutalità veramente impressionante”. Un attacco a tutto tondo dunque sulla struttura che fino a pochi anni fa rappresenta il centro d’accoglienza più grande d’Europa ma che, già da prima dell’arrivo di Zuccaro in procura, è al centro di inchieste sia a Catania che a Roma. Negli anni vengono passate spesso al setaccio le modalità di gestione del centro, tra assunzioni pilotate e voti di scambio. Ma non mancano anche attenzioni sulle attività criminali compiute al suo interno: spaccio, abusi e sfruttamento della prostituzione più volte finiscono tra le accuse mosse dagli inquirenti a determinati ospiti del Cara.
Quella delle scorse ore è la più importante operazione in tal senso. Non solo spaccio, ma anche controllo del territorio, intimidazioni ad altri migranti appartenenti ad altre etnie, metodi brutali per imporre la propria legge criminale. Un’organizzazione malavitosa ben ramificata che, come detto prima e come specificato dallo stesso Zuccaro, ha nel Cara di Mineo la propria base.
Ed ecco dunque i motivi per i quali il procuratore etneo illustra tutte le sue preoccupazioni relative al centro. Il capo della procura è ben attento a non entrare nella bagarre politica attuale sull’argomento, ma le sue frasi appaiono comunque ben dirette e significative: “Dentro il Cara tutto c’è, tranne che legalità – sottolinea Zuccaro – E’ sotto gli occhi di tutti che un centro che ospita un numero di persone così rilevante non può essere monitorato. Al centro accedono anche persone non autorizzate, perché i grossi numeri non permettono controlli”.
Intanto in tutta la Sicilia preoccupa e non poco il fenomeno relativo alla sempre più perforante ramificazione dei gruppi legati ai “Vikins”, la mafia nigeriana.
Le fazioni criminali gestite da soggetti originari del paese africano, sembrano in grado di gestire diverse piazze di spaccio e di controllare una buona parte del traffico della prostituzione. L’inchiesta, culminata con gli arresti delle scorse ore, è solo l’ultima di una lunga serie che coinvolge buona parte delle province siciliane.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.