Migranti, Carola attacca ancora "Ue preferisce farli affogare..."

Il riferimento è all'Unione Europea,accusata dall'ex capitano della Sea Watch di criminalizzare le operazioni di salvataggio in mare. La Rackete, ad un anno dall'ingresso forzato nel porto di Lampedusa contro l'Alt delle autorità italiane, polemizza sul ruolo dell'Ue e dei governi membri sul fenomeno migratorio

Migranti, Carola attacca ancora "Ue preferisce farli affogare..."

Nonostante lei ha spesso detto di non voler attenzioni mediatiche sulla propria persona, è tornata a parlare ed a far parlare di sé Carola Rackete, ad un anno esatto dallo speronamento della motovedetta della guardia di finanza nel porto di Lampedusa. Il capitano della Sea Watch che, nonostante l’Alt delle autorità italiane è entrata con la nave dell’Ong tedesca nel porto dell’Isola maggiore delle Pelagie il 29 giugno del 2019, è intervenuta a gamba tesa su varie questioni relative all’immigrazione. Non lo ha fatto attraverso delle interviste, ma con dei post pubblicati su Twitter in cui ha espresso il suo punto di vista sul ruolo dell’Unione Europea in merito al fenomeno dell’immigrazione senza risparmiare toni di accusa nei confronti di alcuni governi come quello italiano, tedesco e maltese.

L’ex capitano della Sea Watch in un primo momento ha ripercorso il fatto che l’ha resa “nota” alla cronaca internazionale tornando a giustificarsi per quanto accaduto: “Un anno fa-scrive- sono entrata nel porto di Lampedusa senza autorizzazione, dopo che il mio equipaggio e io abbiamo salvato 53 persone dal naufragio e dopo che tutta l'Europa ci ha abbandonato per più di due settimane. Il nostro equipaggio ha dovuto farlo come parte della flotta di soccorso civile perché l'Unione europea aveva ritirato tutte le sue navi, pur sapendo che i rifugiati in fuga dalla guerra in corso in Libia stanno tentando l'attraversamento'".

Dopo quell’azione, come risaputo, Carola Rackete è stata posta agli arresti domiciliari con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e trasferita ad Agrigento per l’interrogatorio all’interno del tribunale della città siciliana. Pochi giorni dopo, il primo luglio, il Gip non ha convalidato l’arresto. La vicenda giudiziaria non si è ancora conclusa e le indagini vanno avanti: il 12 febbraio scorso infatti i magistrati agrigentini hanno chiesto altri sei mesi per portare a termine le richieste avviate su quanto accaduto il 29 giugno dello scorso anno.

In poche parole, nonostante la sua azione poteva comportare seri rischi per l’incolumità sua e dei finanzieri, Carola Rackete ha difeso ancora la sua posizione su quello che ha fatto: ''Il nostro equipaggio-scrive sempre su Twitter- doveva essere in mare perché sappiamo che i diritti umani sono universali e il diritto marittimo non si preoccupa dei passaporti: ho pensato che dovevamo essere in mare non solo per effettuare il salvataggio, ma anche come segno di resistenza contro il razzismo strutturale delle autorità europee''.


Tra le righe, Carola Rackete ha fatto ben intuire che sarebbe pronta a rifare quello che ha fatto. E poi è passata alle accuse all’Unione Europea: “Quelle persone che stanno annegando nel Mediterraneo, almeno 96 morti entro questo mese - dichiara l'attivista- non sono vittime di un incidente imprevisto o di un disastro naturale. Annegano perché l'Ue vuole che anneghino, spaventando coloro che potrebbero tentare di attraversare. Annegano- prosegue- perché l'Europa nega loro l'accesso a rotte sicure e non lascia altro che rischiare la vita in mare. E nessuno sarebbe entrato in una simile barca, a meno che non fosse più sicuro della costa!''.

Dalle accuse all’Europa all’esortazione sui comportamenti da adottare per oltrepassare la politica europea il passo è breve: ''Come cittadini europei- scrive l’ex capitano della Sea Watch-dobbiamo interrompere questa politica! Dobbiamo abbattere la fortezza Europa, creata per far morire i poveri dalle coste del Mediterraneo dove nessuno li vede. Ci deve essere uguaglianza e libertà per tutti, per vivere e muoversi senza paura per la propria vita''.

L’attivista tedesca non si è fermata qui, accusando infatti l’Unione Europea di criminalizzare le operazioni di salvataggio in mare: ''Fino a quando ciò non diventerà realtà, il salvataggio in mare civile continuerà ad essere come i vigili del fuoco volontari che tentano di spegnere gli incendi intenzionalmente in fiamme dagli incendiari dell'Ue e del più ampio Nord del mondo. E nonostante la Corte Suprema italiana abbia convalidato la mia decisione di entrare nel porto e portare le persone in sicurezza in conformità con il diritto marittimo, la criminalizzazione del salvataggio in mare continua; nel mio caso e nelle indagini su altri che agiscono in solidarietà con le persone in movimento".

Poi la Rackete rincara la dose delle accuse: Le persone che salviamo potrebbero aver perso molte cose nella loro vita-dice- ma non hanno perso la propria voce e sono gli esperti delle proprie esperienze. Se vogliamo superare il razzismo strutturale, dovremmo iniziare ascoltandoli. Questo è il motivo per cui non farò interviste per l'anniversario della missione Sea-Watch 3 dell'anno scorso. Invece, chiedo a tutti di ascoltare coloro che l'Europa preferirebbe far affogare piuttosto che permettere di raggiungere le sue coste''.

Nel suo discorso la Rackete tira in ballo anche l’Italia, andando contro anche l’attuale governo giallorosso che pure le Ong avevano all’inizio salutato con favore: “Devo sottolineare ancora una volta che, nonostante sia al potere la nuova coalizione del governo italiano, nulla di fondamentale è cambiato all'interno dell'Ue e alle frontiere esterne dell'Ue. Se c'è stato un cambiamento, le cose sono peggiorate durante l'ultimo anno”. Ma l’ex capitano dell’Ong tedesca non ha risparmitato nemmeno Germania e Malta: “'Malta, in primo luogo, ma anche altri stati europei, tra cui la Germania, stanno usando la pandemia di coronavirus come scusa per abbandonare i diritti umani e per smettere di rispettare la legge del mare”.

E su Malta la Rackete ha tuonato con parole forti dopo quanto è apparso su Twitter in merito al giornalista Nello Scavo: “L’ex direttore dell’ufficio del Pm di Malta- scrive l’ex capitano della Sea Watch- ha minacciato un giornalista italiano. Malta è infatti coinvolta in molti affari sporchi- prosegue- come l’uso di pescherecci maltesi per riportare i rifugiati in Libia dalla zona di ricerca maltese, come esposto da Nello Scavo nei suoi articoli su Avvenire".

Il riferimento è alla risposta ricevuta dal giornalista, attraverso un tweet, da Neville Gafà, ex direttore dell’ufficio del premier maltese dopo aver chiesto notizie sulla gestione dei naufraghi dalla Libia: "Ferma i tuoi sporchi affari o noi fermeremo te".

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