"Il primo processo, quello che vedeva imputati per il pestaggio di Stefano Cucchi tre agenti di polizia penitenziaria, fortunatamente sempre assolti, è stato un processo kafkiano, con gli attuali imputati seduti, all'epoca, sul banco dei testimoni, con cateteri applicati a Cucchi per comodità e fratture lombari non viste apposta da famosi 'professoroni'. Tutto ciò non è successo per sciatteria, ma per uno scientifico depistaggio cominciato la notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009 alla stazione Appia dei carabinieri, quando il ragazzo viene arrestato". Le parole sono quelle del pubblico ministero, Giovanni Musarò, all'inizio della sua requisitoria nel processo bis in assise, in aula bunker di Rebibbia, contro cinque militari dell'Arma, accusati di aver pestato il geometra romano di 31 anni, morto in seguito alle ferite riportate, nel 2009.
Gli imputati e le accuse
Cucchi venne arrestato il 15 ottobre 2009 per droga e morì una settimana dopo il fermo, all'ospedale Sandro Pertini di Roma. Sul banco degli imputati, oggi, ci sono cinque carabinieri. Tra questi Francesco Tedesco, il supertestimone che, a nove anni di distanza, ha rivelato che il geometra venne picchiato da due suoi colleghi, Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, accusati come lui di omicidio preterintenzionale. Tedesco è anche accusato di falso e calunnia, insieme al maresciallo Roberto Mandolini, mentre di sola calunnia nei confronti degli agenti della polizia penitenziara risponde il militare Vincenzo Nicolardi.
"Cucchi fu pestato"
"Stefano Cucchi non è caduto accidentalmente, è stato pestato", ha detto Musarò. Che ha poi aggiunto: "Non è semplice sintetizzare due anni di un processo così complicato. Dopo la morte di Stefano Cucchi è iniziata una seconda storia, nel frattempo ci sono stati altri processi con imputati diversi. Per il pestaggio furono accusati prima tre agenti della penitenziaria e poi i medici dell'ospedale Pertini. Non possiamo fare finta che, quella notte, non sia successo niente e non capire che si stava giocando una partita truccata, all'insaputa di tutti. Non bisogna avere paura della verità, anche quando è scomoda".
Il detenuto testimone: "Era gonfio come una zampogna"
Quando il 31enne venne arrestato pesava circa 43 kg. Ne pesava 37 il giorno della sua morte. "Questo notevole calo ponderale è riconducibile al trauma dovuto al violento pestaggio, non certo a una caduta come si disse all'epoca. Lui perse 6 kg in sei giorni. Non mangiava perché aveva dolore, stava male. E per il dolore non riusciva neppure a parlare bene", ha spiegato il pm. Che ha indicato tra i testimoni Luigi Lainà, un detenuto che la sera del 16 ottobre 2009 incrociò Cucchi al centro clinico del carcere di Regina Coeli. Alla riapertura dell'inchiesta, cinque anni dopo il fatto, Lainà al pm disse che il 31enne "stava proprio acciaccato de brutto, era gonfio come una zampogna sulla parte destra del volto". E specificò: "Anche io sono stato massacrato, ma massacrato a quel livello, come Cucchi no. A ridurlo così dovrebbe essere stato un folle o più folli senza scrupoli". Lo ribadì nel marzo del 2018 nel processo bis, in corte d'assise.
"Come un detenuto di Auschwitz"
"Gli ho chiesto di alzarmi la maglietta e lui mi ha mostrato la schiena: era uno scheletro, sembrava un cane bastonato, roba che neanche ad Auschwitz. Aveva il costato di colore verdognolo-giallo, come quello di una melanzana. Gli ho chiesto se a ridurlo così fosse stato qualcuno della penitenziaria...ero pronto a fare un casino...e invece lui rispose che erano stati i carabinieri che lo avevano arrestato. 'Si sono divertiti', mi aggiunse". A dirlo era stato Lainà, citato oggi da Musarò.
Il "testamento" di Cucchi
Secondo quanto riportato da Musarò nella requisitoria, Cucchi, il
16 ottobre del 2009, lasciò proprio a Lainà una sorta di testamento. Quando Lainà gli chiese chi fosse stato a ridurlo, pare che lui disse "due carabinieri in borghese della prima stazione". La prima dove venne fermato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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