Perché l’indagine su Nada Cella è stata riaperta a maggio 2021 ma a partire da vecchi indizi? È una domanda fondamentale per comprendere cosa sia andato storto nella macchina dell’inchiesta e della giustizia dopo quel tragico 6 maggio 1996, quando Nada, segretaria nello studio di un commercialista, fu assassinata. E i punti oscuri sono tanti.
“Io chiedo agli abitanti di Chiavari - ha detto a ‘Chi l’ha visto?’ Daniela, sorella di Nada - ma in particolare a chi sa - perché io sono convinta che qualcuno sappia - che si faccia avanti, perché adesso si può fidare della squadra mobile di Genova, del magistrato, io li ho conosciuti, ho contatti con la squadra mobile, con una persona in particolare di cui mi fido e che in questi mesi mi ha aiutata ad andare avanti. Io so che forse potrebbe non succedere nulla, ho i piedi ben saldi a terra, però io sono convinta che a Chiavari qualcuno sappia molto di più di quello che finora è stato detto. Io voglio credere che ancora ci siano brave persone”.
Il nodo delle testimonianze
Ci sono varie testimonianze che alla fine degli anni ’90 non hanno prodotto esiti, ma che ora si rivelano in tutte le loro potenzialità. C’è una donna, con un nome e cognome, che si è rivolta alle forze dell’ordine per spiegare che l’attuale indagata, Anna Lucia Cecere, provasse sentimenti ostili verso Nada: la donna disse, tra le tante cose affermate, che Cecere era stata nello studio di Marco Soracco in cui Nada lavorava, ma il commercialista non era presente, dettaglio che tra l’altro corrisponde perfettamente alla testimonianza di Soracco.
C’è poi una testimone anonima, che ha fatto molte telefonate, tra cui anche una alla curia e una alla madre di Soracco. Silvana, mamma di Nada, aveva parlato con la signora Soracco, a suo tempo, di quella telefonata e le due donne si erano anche fatte un’idea sulla possibile identità dell’anonima: purtroppo, se quell’ipotesi dovesse essere vera, vuol dire che la testimone anonima intanto è venuta a mancare e quindi non potrebbe essere utile ai fini dell’indagine.
Quel che è certo è che più di una persona abbia visto una donna sconvolta, con le mani sporche di sangue, allontanarsi da quei pressi con un motorino. A dirlo infatti è anche una mendicante con il figlio, grazie ai quali alla fine degli anni ’90 fu realizzato un photo fit, ossia un collage di dettagli del volto a partire da foto di altre persone. La somiglianza con Cecere è stata giudicata oggi impressionante.
“Da un attento esame del photo fit - si legge in un documento degli inquirenti - redatto con l'ausilio dei testimoni oculari, nonché dalle descrizioni fisico somatiche fornite dagli stessi, emergeva una forte somiglianza con la riproduzione fotografica acquisita della Cecere, facendo quindi intuire che la donna indicata dalla mendicante dal figlio, tenuto conto anche delle circostanze di tempo e di luogo, possa identificarsi nella donna indicata dalla confidente”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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