Vanessa aveva deciso di lasciare quel fidanzato violento, dopo botte e parolacce. Ma lui non si era mai rassegnato alla fine della loro relazione, tanto da continuare a perseguitarla per mesi. Il padre della ragazza, uccisa a colpi di pistola la scorsa notte dal suo ex, il 38enne Antonio Sciuto, mentre passeggiava sul lungomare di Aci Trezza, ha raccontato al Corriere di quella storia malata fino al tragico epilogo.
L'ex fidanzato spiava Vanessa
L’omicida della sua bambina è stato trovato morto nel pomeriggio di ieri: si è impiccato al muro di un casolare. “S’impicco? Ora ‘u Signuri c’avi a pinsari” le parole della mamma di Vanessa, Antonia Lanzafame, alla notizia della morte dell’uomo. Lei che nella notte aveva chiamato l’ex marito per avvertirlo: “Non torna più nostra figlia...”. Sciuto era stato accolto in casa, nonostante il papà 50enne di Vanessa non lo vedesse di buon occhio. Ma per la figlia questo e altro. Dopo una convivenza fatta di liti continue, la separazione, voluta dalla ragazza al culmine della sopportazione. L’ex fidanzato a quel punto aveva iniziato a pedinarla, a spiarla, perfino ad ascoltare le sue conversazioni. Il padre ha spiegato che “quando dopo botte e parolacce mia figlia l’ha mollato, quando io gli ho tolto le chiavi di casa, ha cominciato ad appostarsi per ore sotto le finestre o davanti al panificio dove Vanessa lavorava”.
Vanessa aveva paura di incontrarlo e aveva passato l’inverno chiusa in casa per timore che le minacce diventassero realtà. Poi, ha continuato il 50enne, “abbiamo dovuto mettere nero su bianco. Perché abbiamo scoperto che con un duplicato delle chiavi la sera si intrufolava nel sottotetto di casa mia, una sorta di ripostiglio, e dalla canna del camino ascoltava le nostre chiacchiere”. Sciuto lo aveva anche avvicinato chiedendo se fosse vero che Vanessa aveva un altro fidanzato, il padre aveva negato rimarcando però che lui non era il suo fidanzato e lo aveva cacciato. Ma il 38enne non si era arreso e aveva continuato a spiarli “con una diavoleria elettronica. Con dei Gps, delle scatolette nere piazzate sotto la macchina di Vanessa e sotto la mia. Come hanno scoperto i carabinieri quando finalmente, chiamati da mia figlia, lo hanno arrestato”. Come ricordato dall’uomo, il maresciallo dei carabinieri aveva dato il cellulare alla 26enne dicendole, se avesse avuto bisogno, di chiamarlo in qualsiasi momento, sia di giorno che di notte.
Il padre: "200 metri di distanza, un provvedimento inutile"
Il papà di Vanessa è arrabbiato con una giustizia con ha saputo proteggere sua figlia. “Trovano un pazzo di catena che spia dal camino o con i Gps, un violento che picchiava la ragazza, sempre coperta da foulard e mascariata di fard, e che fanno? Dopo una notte in caserma, il 7 giugno, un martedì, e una di interrogatorio, arriva il giudice e lo manda a casa con gli “arresti domiciliari”. Inutili. Perché tre giorni dopo, il sabato, era il 13 giugno, ce lo ritroviamo tra i piedi, ma con un provvedimento altrettanto inutile: l’obbligo di non avvicinarsi a mia figlia per 200 metri. È questa l’Italia che vogliamo? Davvero pensano che da 200 metri non si possa fare male? Oppure che un pazzo come questo non possa armarsi e sparare da tre metri? Se lo consideravano malato dovevano rinchiuderlo in una comunità e curarlo. Non lasciarlo praticamente libero di fare tutto”.
Poi per i due mesi seguenti non lo avevano più visto, sperando che avesse desistito. “Forse nelle ultime settimane lo ha sperato anche Vanessa che, fino a prima di Ferragosto, continuava a vivere da reclusa, con il terrore di incrociarlo.
Com’è poi accaduto in questa notte che resterà l’incubo anche per i figli dell’assassino”. Già, perché Sciuto aveva avuto dal primo matrimonio un maschietto di 10 anni e una bambina di 5. Vanessa giocava e comprava loro dei regalini, quando ancora non aveva capito di avere a che fare con un pazzo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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