La disposizione sembra scontata ma non lo è: se una coppia non ha fede non dovrebbe sposarsi mediante il rito religioso. Un matrimonio cristiano è tale se e solo se esiste una "reciprocità" tra l'aspetto spirituale e quello sacramentale.
Il che tradotto suona più o meno così: non tutte le persone dovrebbero potersi sposare all'interno di una chiesa. Il fatto che la Commissione teologica internazionale sia dovuta intervenire, in realtà, può presuporre l'esistenza di un costume abbastanza diffuso: contrarre un matrimonio grazie alla presenza di un sacerdote, nel tempo e per via della modernità, può aver assunto la funzione di una consuetudine o di una moda. E questo è un circolo che la Chiesa cattolica potrebbe voler interrompere. Qualcuno, almeno, sembra avere l'intenzione di alimentare un'inversione ad u rispetto a quella che potrebbe essere divenuta una sorta di prassi. Un matrimonio, che per la dottrina cattolica è ben più di un mero costume appartenente ad una società, non può essere celebrato senza la sussitenza di alcune consapevolezze di fondo. Andiamo con ordine.
Il cardinal Robert Sarah inserirebbe magari certe prassi all'interno della "crisi" della Chiesa in Occidente. Il tema di base - come sottolineato pure dall'Agi - riguarda chi può accedere ai sacramenti e chi, invece, non può. Sulla comunione ai divorziati risposati è stata sollevata una polemica pluriennale. Vi ricorderete dei cinque dubia sottoscritti da quattro cardinali. Sarah, a dire il vero, non ha criticato Amoris Laetitia di Papa Francesco. Brandmuller, Meisner, Burke e Caffarra sì. Ma è palese, prescindendo dal focus specifico, come certi emisferi ecclesiastici, quelli che vengono considerati "tradizionalisti", vorrebbero delle norme più stringenti in materia di sacramenti. I teologi della commissione sopracitata, gli stessi che hanno prodotto un documento ufficiale dopo cinque anni trascorsi a lavorare ed a studiare, ritengono in fin dei conti che essere davvero cristiani rappresenti la conditio sine qua non. Altrimenti c'è il rischio che un sacramento si declini "in vuoto ritualismo o in magia". E il ragionamento, com'è ovvio che sia, non vale solo per il matrimonio. Non si tratta solo di evitare il pericolo della riduzione dei sacramenti a parte del mos maiorum di un popolo, ma anche di conservare la validità dei "segni visibili" della "grazia" di Dio.
"Si può sempre pregare per gli sposi, ma non sempre sarà opportuno celebrare il rito". A rilasciare questo commento a Radio Vaticana - come ripercorso sempre dall'Agi - è stato un teologo, ossia Padre Gabino Urìbarri Bilbao. Il senso del virgolettato è abbastanza chiaro: un ecclesiastico non può che confidare nella conversione di due persone che intendono contrarre un matrimonio, ma non esiste un obbligo di celebrazione. In specie, il niet è valido se la coppia non risulta essere cristiana.
Il "discernimento", che il padre cita tramite la sua riflessione, è il vero mezzo tramite cui giungere ad una decisione sensata e piena. Adesso bisognerà vedere se e come questa presa di posizione avrà conseguenze sul piano della realtà. Il Papa, comunque sia, ha dato l'ok al testo della Commissione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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