"Dopo mesi di cammino sono arrivato alla fine del bosco. Lì c'era un piccolo centro abitato così ho chiesto: 'In che Paese siamo?' e mi hanno risposto: 'In Italia'. Ero davvero felice, avevo raggiunto la mia destinazione". Hamed ha 29 anni e viene dal Pakistan. Dopo aver percorso la rotta balcanica, è entrato in Italia imboccando uno dei sentieri carsici che partono dalla Slovenia e finiscono nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia.
"Ho impiegato tre mesi per arrivare a Trieste dalla Grecia. Ho attraversato Macedonia, Serbia, Bosnia e Croazia, dove la polizia mi ha rimandato indietro più volte. Ma io, insieme ad altri ragazzi, ho provato a oltrepassare di nuovo la frontiera e, alla fine, ho raggiunto l'Italia", racconta Hamed. Come lui, centinaia di altri migranti percorrono ogni giorno i Balcani per raggiungere il cuore dell'Europa. "Ho corso giorno e notte per arrivare in Italia. Sono partito dal Pakistan due anni fa. È stato un lungo viaggio, ma sono venuto qui per avere un futuro migliore", spiega un altro giovane. Anche lui è giunto nei dintorni di Trieste dopo aver attraversato silenziosamente il fitto bosco del Carso (guarda il video).
I controlli
Ridotta ma mai del tutto chiusa, la rotta che attraversa l'Europa orientale continua a preoccupare il Friuli Venezia Giulia. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il governatore della Regione Massimiliano Fedriga hanno messo in campo un piano per incrementare i pattugliamenti. Dopo la sperimentazione di quest'estate, pochi giorni fa i servizi straordinari sono diventati permanenti. Gli agenti perlustrano costantemente tutti i valichi a caccia di migranti, ma non è facile controllare le aree boschive di confine. "Li vediamo passare spesso. Chiedono solo: 'Dov'è Trieste?'. E poi scappano via. Se non ti passano di fronte è davvero difficile intercettarli nei boschi", ci spiega una donna che abita a ridosso del vecchio casello di confine con la Slovenia.
Dalla Slovenia a Trieste
Seguendo la vecchia linea ferroviaria costruita dall'impero asburgico a fine Ottocento e oggi ricovertita in pista ciclabile i migranti raggiungono l'Italia. Tra i primi paesi in cui si imbattono una volta superato il confine c'è Draga, piccola località che conta poco più di cinquanta abitanti. "Arrivano a gruppetti di cinque, dieci giovani. Chiedono indicazioni per raggiungere la città", ci racconta Zwanko Pettirosso, uno degli abitanti. "Prima entrare in paese però si cambiano e lasciano a terra tutte le loro cose. Nei boschi, qui intorno, è pieno di vestiti e zanini - aggiunge -. Due settimane fa il Comune ha riempito più di cento sacchi della spazzatura con indumenti e oggetti trovati tra i cespugli".
Giacconi, zaini, cibo. Tutto il necessario utilizzato per affrontare il lungo viaggio viene abbandonato nei dintorni di Trieste. I migranti si cambiano i vestiti e si ripuliscono per non farsi notare quando entrano in città. Ci addentriamo nei boschi della riserva naturale della Val Rosandra. Qui, così come nelle zone boschive di Fernetti, Pesek e di altri valichi interessati al passaggio dei migranti, tra i cespugli e i sentieri si trovano centinaia di indumenti, borse, scarpe, resti di cibo e spazzatura. "È tutto sporco", protestano gli abitanti delle piccole località sul Carso. "Arrivano e lasciano tutto nel bosco. Siamo stanchi, quest'estate sono arrivati in molti".
"Scendono dalle montagne, non si sa da dove arrivino", spiega un'abitante di Bagnoli. "La mattina presto vedo sempre dei ragazzi che dai boschi raggiungono la strada dove spesso ad aspettarli c'è un furgone che li carica e li porta via", raccontano a Draga. Intercettare migranti e passeur è un compito arduo. Il Carso presenta una vegetazione folta in mezzo alla quale si può camminare senza essere visti. E questo lo sanno anche i migranti. "Abbiamo seguito i sentieri tra i boschi. Correvamo in silenzio per non farci notare e siamo arrivati così fino in città senza che nessuno ci fermasse", spiega un ragazzo afghano. Per questo il governatore Fedriga ha messo in campo anche la guardia forestale che si addentra nei boschi per scovare irregolari e bivacchi. La lotta all'immigrazione clandestina ha già prodotto i primi risultati, gli ingressi sono diminuiti, ma il flusso non sembra intenzionato ad arrestarsi.
"Arrivano a gruppetti in paese, mangiano e bevono qualcosa nei bar. Poi chiedono informazioni per prendere il bus o ci chiedono di chiamare un taxi per raggiungere la città", racconta la cameriera di un locale di Bagnoli. Non sempre la destinazione finale è il Friuli Venezia Giulia o l'Italia: la maggior parte dei migranti è 'obbligato' ad attraversare i confini nazionali per raggiungere la 'terra promessa', la Germania. Intanto però chiedono di Trieste. Da lì potranno muoversi ovunque, anche sul territorio nazionale.
La strategia del Viminale per fermarli
Contro l'immigrazione clandestina il Viminale ha deciso di usare il pugno duro e rendere permanente il presidio dei confini. Per sorvegliare gli oltre 200 chilometri che dividono Italia e Slovenia, nei territori di Trieste e Gorizia sono schierati diversi reparti delle forze dell'ordine: alle squadre della Polizia di Stato, in supporto alla Polizia di frontiera, si sono aggiunti gli uomini dalla Mobile di Padova e dei reparti prevenzione crimine oltre a carabinieri e Guardia di finanza. Inoltre, il governatore della regione ha messo in campo anche il corpo forestale per pattugliare le zone boschive.
Il piano di Salvini e Fedriga per contrastare il flusso migratorio ha portato all'arresto di numerosi passeur e all'espulsione di decine di clandestini. A Pesek, "la porta della nuova rotta di trafficanti", e all'altezza di tutti i valichi gli agenti effettuano controlli a tappeto: i posti di blocco non lasciano scampo ai migranti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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