Le parole per Giuseppe Conte sono monete e le usa per comprare tempo. Le raccomandazioni, le promesse, i sorrisi, i decreti, le rassicurazioni sono minuti che incassa e spende giorno dopo giorno. È così che da mesi resta a galla, spingendo la resa dei conti un po' più in là. È la strategia per tenere bassa la tensione, per non far cadere sul Paese tutto il peso di una stagione velenosa, non farla esplodere. Non è esattamente un temporeggiare. È qualcosa di diverso. È il tentativo di rendere l'aria più rarefatta, dilatando, spargendo, un passo alla volta, a rate. L'obiettivo è cercare sempre un nuovo equilibrio, per non fare precipitare gli eventi.
È chiaro che per essere credibile deve indossare la faccia da giocatore di poker, bluffando e rilanciando, mettendo sul piatto un poderoso intervento economico, andando a muso duro contro le opposizioni o battendo i pugni in Europa, affidandosi ai sacerdoti della scienza o svincolandosi dai custodi che gli mettono intorno. È una gran fatica e per un po' il gioco ha funzionato. Tutti a casa, i giorni bui del contagio senza tregua scavallati, i morti ancora da piangere e il futuro da immaginare, ma gli italiani hanno vissuto la quarantena quasi sorprendendosi di se stessi, con senso di dovere, congelando libertà e abitudini quotidiane. «Questo - dice il premier - è un grande risultato».
La prossima scommessa allora è «sbloccare il Paese». Di nuovo ci mette le parole, in una conferenza stampa alle venti e venti più ritardo. Distanza, distanza. Bisogna imparare a convivere con il virus. «Se ami l'Italia mantieni le distanze». Ecco il nuovo slogan, che prende il posto dello «stiamo a casa». Ecco i rilanci. Il primo molto pratico. Le mascherine ci saranno, con un prezzo calmierato e senza Iva. Il prezzo sarà di 50 centesimi. Poi l'Europa. L'Europa c'è, con il «recovery fund per far rivivere le imprese», quando arriverà. Ma se ci sarà il merito è perché l'Italia ha fatto la voce grossa «Abbiamo strappato un punto importante, ora ci giochiamo la vittoria finale». Distanza, distanza. Attenti alla famiglia, perché è lì che ti contagi. Niente rabbia, però. Non cercare il capro espiatorio. «Non è colpa del governo, non è colpa dell'Europa, non è colpa dei giornali». Sta pensando soprattutto a lui. Non impiccate il premier.
Sblocca e stai distante. Non si lascia la regione. Non preoccupatevi però, perché il governo non abbandona nessuno: i lavoratori e chi un lavoro non ce l'ha, le imprese e i commercianti, chi spera e chi non spera. Tutti verranno salvati. Ma a distanza.
Il tempo sospeso però ha avuto un costo. Non si lavora e non si produce. È tutto fermo. Il premier deve mostrare le carte. Quanti assi ha in mano? È esattamente quello che gli stanno chiedendo sindaci e regioni. Che fare? Con quanti soldi? Dove si prendono? C'è un piano di ricostruzione? Le parole che arrivano dalla Confindustria, da Bonomi, sono il segnale che le imprese non vogliono e non possono più aspettare. C'è bisogno di chiarezza, di certezze e punti fermi. C'è da definire il ruolo della banche, perché tocca a loro anticipare i prestiti garantiti dallo Stato. Lo faranno? In che tempi? Quanto incide il muro della burocrazia? Chi si fida di chi? E poi altre domande, tante, arriveranno da chi esce di casa e si guarda intorno e quello che vede faticherà a riconoscerlo. C'è chi non avrà più un lavoro, un ufficio, un negozio e in tanti si ritroveranno più poveri.
Si aspetteranno qualcosa, mentre la paura e la rabbia già si diffondono proprio come un contagio.Le parole a questo punto sono una moneta svalutata. Non ci puoi più comprare il tempo. Il rischio per Conte è dover pagare per tutti. Comincia l'avventura. C'è un mondo lì fuori che lo sta cercando.
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