Ecco la "bordata" di Capuozzo "Così devono evitare il virus..."

Al giornalista piacerebbe poter contare su un Churchill, ma qui non c’è. "Ci sono tanti personaggi capitati sulla scena in un momento più grande di loro"

Ecco la "bordata" di Capuozzo "Così devono evitare il virus..."

Mentre il nord fugge da se stesso arriva puntuale un post su Facebook di Toni Capuozzo che da giorni ci racconta l’epidemia da coronavirus da Milano. La sua è una riflessione politica. L’appello del giornalista è chiaro: "Facciamo quello che ci chiedono". E risponde a chi gli dà del salvinista. "Non sono mai stato salvinista - se lo fossi non avrei problemi a dirlo, e non me ne vergognerei - e ho sempre pensato che l’essere sempre pro o contro fosse un’ossessione di chi ha bisogno, per vivere, di un nemico". In effetti prima era Craxi, poi Berlusconi. Poi Renzi, poi Salvini.

"Non appartengo a quelle passioni. Ho passioni civili, che sono tutt’altra cosa. E una di queste passioni è la libertà di critica. Che comprende criticare un governo. Sapete cosa penso di questo governo?", scrive. Che è nato per impedire una vittoria elettorale di Salvini, per eleggere con questo parlamento il prossimo presidente della Repubblica, per fregare Salvini che pensava di fregare gli altri e invece si è fregato da solo mandando all’aria il governo gialloverde. "Non essendo tifoso, guardo e basta, e adesso, guardando indietro, mi sembrano tutte Vispe Terese, intente a saltellare sull’orlo del burrone. Poi arriva il virus".

Spiega che la polemica politica non è mai mancata nei casi di emergenza e che questo governo aveva, per dirlo con il cinico vocabolario di questi giorni, delle patologie pregresse, "l’ho criticato su quello che non mi piaceva: la lotta al razzismo invece che la virus, l’impreparazione, la confusa prevenzione, la disastrosa comunicazione che ha gettato i cittadini prima nella sottovalutazione del rischio, poi nel panico, poi di nuovo nella sicumera (io faccio giornalismo fai da te, ma mi ricordo bene La Repubblica con “Milano riparte”, pochi giorni fa)".

Capuozzo fa sapere che molti, un po’ egoisti, sono partiti, ma per le piste da sci trentine o le riviere liguri. Va da sé che nessuno ha la prova che un altro governo sarebbe stato meglio. "Quanto a me, non lo credo, anche se penso che è una bella impresa battere questo governo approssimativo. Ma questo è il governo che ci è capitato con il virus, e questo ci tocca". "E l’opposizione?", si chiede il giornalista. Pensa che si sarebbero dovuti incontrare prima, alle prime avvisaglie e concordare un tavolo comune, presentare al Paese una risposta comune (i 7 miliardi del governo o i 30 pretesi dall’opposizione. Facciamo 18 miliardi come in un bazar orientale, ma presentati insieme). Invece hanno tenute strette le loro asce di guerra di gomma.

Ma adesso, constatata questa povertà della classe politica, Capuozzo crede che le dimensioni del dramma siano tali da obbligarci a superare ogni divisione, ascoltare le direttive del governo centrale, della propria regione, delle autorità in generale. "Mantengo intatte le mie critiche". Zingaretti è contagiato? Solidarietà. Al giornalista non piace chi ricorda i suoi aperitivi. Salvini ha un agente della scorta contagiato? Non gli piacciono i politici che ci speculano. Il sindaco di Firenze Nardella ha lanciato l’hashtag #abbracciamouncinese? Amen. I governatori del nord che chiedevano quarantene erano fascioleghisti? Pazienza. Speranza che mendica le mascherine in Europa? Peggio per l’Europa".

"Certo, mi piacerebbe contare, per affrontare la sfida che ci aspetta, su un Churchill, o almeno un leader da prima Repubblica, o un Zamberletti, o un Bertolaso, o almeno un governo che non fa circolare le bozze di un decreto che rinchiude mezza Italia prima di averlo firmato". Non c’è. Per Capuozzo ci sono piccoli Forrest Gump capitati sulla scena in un momento più grande di loro. "Dovevano evitare le elezioni? Devono evitare il contagio, ed è più difficile". Si voterà, prima o poi.

E ci sarà pure una discussione, ci sarà qualcuno a chiedersi se il pericolo era il razzismo, se Milano doveva ripartire, se alle porte c’era il fascismo o il virus. Ma dopo. "Adesso, senza scomodare la frusta espressione del Bene Comune, riconosciamo che c’è un male comune, e affrontiamolo come si può e si deve".

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