Può un magistrato partecipare a una manifestazione convintamente al fianco di estremisti che urlano «assassini» e «animali» ai poliziotti e poi giudicare sul tema al centro di quella rissa? La giudice Iolanda Apostolico lo ha fatto: nel 2018 - come documenta un video - scese in piazza insieme ai centri sociali per protestare contro le politiche migratorie dell'allora ministro Salvini e nei giorni scorsi ha deciso di non applicare le nuove leggi in materia e liberare quattro immigrati trattenuti legalmente in un centro di accoglienza. L'imbarazzo è grande, il buon senso - ancora prima delle norme - dovrebbe portare all'annullamento di quella decisione per evidente pregiudizio ideologico, ma la categoria si chiude a riccio: «Non si entra nella vita privata dei colleghi, si deve stare nel merito delle loro sentenze», ha dichiarato ieri il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia.
Ora, che una categoria che della vita privata degli italiani fa regolarmente carne di porco a prescindere dalle necessità processuali invochi per sé la privacy assoluta è semplicemente ridicolo e non solo per la nota regola che un magistrato, ancor prima di esserlo, deve apparire neutrale. Cosa c'è di privato in quanto scoperto e pubblicato sulla Apostolico? Qualcuno ha curiosato dentro il suo letto e nei suoi cassetti? No di certo, è lei che ha scelto di far sapere pubblicamente il suo odio contro Salvini e le politiche di rigore sul tema degli immigrati, partecipando a manifestazioni e postando sui suoi social decine di messaggi violenti, carichi di odio e pregiudizio, che ha inutilmente poi rimosso sperando di farla franca. Un'operazione, quella della rimozione, che tecnicamente configura allo stesso tempo un'ammissione di colpevolezza (altrimenti perché non lasciarli?) e un tentativo di occultare prove a suo carico.
Quando si invoca una radicale riforma della giustizia, di questo si parla, di non permettere più ai magistrati di mettere impunemente le proprie idee davanti alle leggi e
alla Costituzione che affidano alla politica il compito di legiferare e a loro esclusivamente quello di applicare. Ma passano i mesi e nulla accade e gli italiani cominciano a chiedersi il perché. Già, perché? Ah, saperlo...
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