Pandemia, atto finale. La fase di emergenza si «chiuderà» con un summit virtuale organizzato per il 12 maggio. In Italia si va verso la fine dell'obbligo delle mascherine al chiuso (si vedrà se anche sui mezzi di trasporto) e verso «un'estate senza restrizioni», come spiega il sottosegretario alla Salute Andrea Costa. Ora che l'emergenza allenta la morsa, il vertice sarà l'occasione per decidere come concentrare le forze per uscire definitivamente dalla fase acuta e impostare i soccorsi in caso di epidemie future. Perché sarebbe intollerabile farsi trovare impreparati nel caso in cui a minacciare il mondo spuntasse un nuovo pericolo infezioni.
La riunione sarà co-presieduta dagli Stati Uniti, dalla Germania, che attualmente guida il G7, dall'Indonesia, che guida il G20, dal Senegal, che guida l'Unione Africana e dal Belize, che guida il paese caraibico Caricom. «Il vertice raddoppierà i nostri sforzi collettivi per porre fine alla fase acuta dell'epidemia di Covid-19 e prepararsi alle future minacce sanitarie» hanno detto i paesi in una dichiarazione congiunta diffusa da Washington. Questo sarà il secondo vertice globale sulla pandemia: il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha tenuto un summit simile il 22 settembre 2021, dove ha chiesto di aumentare la vaccinazione in tutto il mondo. E oggi, anche se il tasso di mortalità per Covid è sceso significativamente ovunque, la diffusione del virus, in particolare la sua variante Omicron, impedisce a diversi paesi di eliminare le restrizioni, a cominciare dalla Cina dove milioni di persone sono ancora confinate. Il governo degli Stati Uniti, e quelli dei paesi coinvolti nel vertice, vogliono anche mantenere un senso di urgenza sull'epidemia.
Mentre si pianifica il futuro, si tirano anche le somme sugli errori fatti dal febbraio 2020 ad oggi. E già fin d'ora l'Ecdc, il centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive, non sembra fare sconti a nessuno, Italia compresa.
La bacchettata arriva con il report di metà marzo per ritardi, incompletezza, digitalizzazione che manca in alcune regioni italiane. «La raccolta dei dati varia da regione a regione e tra le unità sanitarie locali - si legge nel documento - Molte unità sanitarie locali raccolgono i dati in fogli di calcolo (per esempio Microsoft Excel) e in alcune altre aree i sistemi non sono digitalizzati. Altre regioni hanno sviluppato piattaforme digitali specifiche per raccogliere i dati sulla ricerca dei contatti. Il ministero della Salute e l'Istituto Nazionale della Sanità hanno offerto Go.Data (una piattaforma progettata per epidemiologi, ndr) alle regioni per gestire la ricerca dei contatti e, mentre alcune unità sanitarie locali l'hanno utilizzata, altre non lo hanno fatto». Italia e Spagna, risulta da questo studio, presentano peculiarità simili.
Il punto debole restano (ancora e principalmente) il tracciamento e la raccolta dei dati. «I dati di ricerca dei contatti sono raccolti a livello regionale e locale e non sono condivisi regolarmente con le autorità nazionali. Si è registrato un ritardo sostanziale prima che i dati fossero accessibili. I sistemi di ricerca dei contatti sono stati anche sovraccaricati in varie fasi durante la pandemia, il che ha influenzato i dati raccolti (per esempio, non sono state raccolte informazioni complete sui contatti)».
L'Ecdc sottolinea «incongruenze nei dati, soprattutto nelle date con casi in cui la data di insorgenza nel primo caso era più tardiva della data di insorgenza nel secondo caso che si pensava fosse stato infettato dal primo; spesso i casi e i contatti erano collegati a un evento e non a un caso indice (esempio focolaio in una casa di riposo)».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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