Quegli ultimi due mesi di silenzio: cosa è successo a De Donno

L'ex primario inventore del plasma iper-immune da tempo lottava con i suoi "mostri". Aperta un'inchiesta

Quegli ultimi due mesi di silenzio: cosa è successo a De Donno

Il professor Giuseppe De Donno, 54 anni ex primario di pneumologia dell'ospedale Poma di Mantova, già a fine maggio aveva deciso di prendersi "mesi sabbatici" lontano dalla sua corsia. Da settimane, quindi, era "assente per malattia", un modo per "ritrovarsi" e cercare di far luce tra le ombre che lo accompagnavano da tempo.

L'uomo fragile e il medico intransigente

Ottimo medico, capace di salvare vite con il suo plasma iper-immune, ma uomo fragile che alla fine si è piegato al buio. Un'anima combattuta e perennemente in bilico, come traspare dai post affidati ai social. Sì, perché il professore si rifugiava nei suoi angoli per commentare la vita reale evidentemente diventata "troppo pesante". Pensieri amari. Come quelli che a fine 2020 hanno riempito la sua bacheca. "Ma mai come in questi giorni, a Roma, ho capito come è strana la vita - ha scritto de Donno accompagnando una foto scattata alla scrivania con alle spalle la sua gigantografia in mascherina -. Ti prende, ti lascia, ti riprende. Come il mare. Come il sole. Come il cuore. Il silenzio. Il rumore. Il dolore".

I pensieri sulla vita e i dubbi

"La vita è fatta così - ha messo nero su bianco il professore in uno dei suoi lunghi pensieri social -. Ti rapisce per poi ferirti. Ti rialzi e vai avanti. Non ti volterai mai indietro. Assordante, lunghissimo, silenzio. Dopo tanto rumore. Si. Era solo rumore. La vita. Che strana che è. Ci vuole tantissima forza. Tantissimo coraggio. Tantissima serenità.
La vita. Un cammino".

Il rifugio della normalità

La fragilità dell'uomo non è mai arrivata in corsia, dove De Donno è sempre stato in prima linea, arrivando anche a dormire nel suo ufficio durante le lunghe notti della prima ondata Covid. Per lui esistevano i pazienti e la rincorsa a una cura, anche palliativa, che potesse salvare la vita agli altri. "Peccato che non abbiamo potuto salvare la sua", hanno commentato i colleghi increduli e sgomenti alla notizia del gesto estremo. E Giuseppe, detto dagli amici e colleghi "U Pippi", alla fine aveva scelto di allontanarsi dalle responsabilità, dal ruolo divenuto pesante da affrontare nel quotidiano. Da qui la scelta di non rienterare dai mesi presi per malattia e ad inizio luglio dedicarsi alla medicina di base nel suo paese, Curtatone (Mantova).

L'addio all'ospedale e la nuova vita

"Ci siamo incontrati e parlato del suo futuro - ha chiarito Raffaello Stradoni, dg dell'Asst di Mantova -. Da medico di base sarebbe stata una risorsa preziosa, come del resto lo era in corsia.

Forse l'unico rammarico è proprio quello di non averlo saputo salvare così come lui aveva fatto con decine di suoi pazienti".

Aperta un'inchiesta

La procura di Mantova ha aperto un'inchiesta. Gli inquirenti, che hanno già sentito i familiari e sequestrato cellulari e computer del medico, vogliono accertare eventuali responsabilità di terzi.

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