Democrazia timida e politica forte

La nostra è una democrazia timida. Di fronte alla scelta del ministro dell'Economia, la politica che ha vinto, inchioda la macchina sull'orlo del burrone

Democrazia timida e politica forte

La nostra è una democrazia timida. Di fronte alla scelta del ministro dell'Economia, la politica che ha vinto, inchioda la macchina sull'orlo del burrone. Il panorama del futuro è inquietante. E adesso? Ci aspetta una traversata dell'orrore e la tentazione è di dire: qui ci vuole uno pratico. Ovvero, un tecnico. Il che ha senso, perché il futuro è tempestoso e il Paese merita di essere servito in modo competente e responsabile. E dunque? Assumiamo un tecnico? Proviamo a ragionare.

Nel decennio precedente siamo stati abituati, per amore o per forza, a governi tecnici, o con molti tecnici, per fronteggiare l'emergenza. Ma le emergenze ormai sono la norma e ci perseguiteranno con diabolica imprevedibilità: abbiamo già avuto la pandemia cinese, la guerra russa, l'esplosione dei prezzi dell'energia, cui segue l'inflazione e il rialzo a catena dei tassi d'interesse delle Banche centrali per fronteggiare una situazione mai sperimentata nella storia moderna. Dunque, ci saranno molte conseguenze che richiederanno la capacità di fare scelte che ricadranno comunque sul Paese e si scoprirà che non esiste l'algoritmo d'oro sotto l'arcobaleno delle favole. Bisognerà fare scelte, e saranno sempre rischiose. E sembra cosa opportuna che, dopo le tanto attese elezioni, alla guida dell'economia ci sia qualcuno che non soltanto sia in grado di maneggiare con competenza la materia tecnica, ma che sappia applicare alle scelte una visione politica, in modo che la loro ricaduta sia la migliore per la società. Un competente sì, ma anche una persona in grado di valutare le ricadute sociali.

Un tecnico, sia pure il migliore, potrà solo offrire la migliore soluzione tecnica. Ma, oltre al genio della tecnica, occorre anche il genio della lampada politica: la figura capace di agire con fantasia quando si tratterà di valutare le ricadute sociali di ogni decisione, perché il governo sarà costretto a navigare nelle acque limacciose di un futuro pieno di brutte sorprese, in Italia e nel mondo. Dovrà essere la politica a prendere i suoi rischi e responsabilità, perché quello è il suo mestiere.

Finora la politica ha sofferto per le restrizioni delle scelte tecniche e il Paese ha mostrato, con l'astensione, quanto sia deluso dall'inutilità di un voto privo di conseguenze. Non è forse questo il momento di un atto di coraggio, fondato sulla responsabilità, e dare mandato ad un ministro politico e capace di circondarsi dei migliori tecnici in grado di fornirgli il quadro più completo, compreso il calcolo delle conseguenze? Le conseguenze sicuramente ci saranno, e sarà la qualità delle scelte a far dire ai cittadini elettori se e quanto approvano l'operato di un governo politico, come in tutte le democrazie.

Lo spazio dei tecnici per garantire al governo gli strumenti migliori deve essere attrezzato e funzionante. Ma ci sembra arrivata l'ora in cui sia la politica a decidere, con tutta la prudenza e avvalendosi delle competenze, ma assumendosi tutte le sue responsabilità, come da contratto con gli elettori.

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