Il presidente dei sommelier italiani: "Per il vino la crisi del Coronavirus ricorda un po' quella del metanolo. Ne usciremo"

Antonello Maietta: "Per il vino la crisi del Coronavirus ricorda un po' quella del metanolo. Periodo difficile, ma ne usciremo"

Il presidente dei sommelier italiani: "Per il vino la crisi del Coronavirus ricorda un po' quella del metanolo. Ne usciremo"

"40 anni... quasi non ci si crede!": il presidente AIS Antonello Maietta sgrana gli occhi, pensando al tempo che è trascorso dalla sua prima iscrizione al corso professionale dell'Associazione Italiana Sommelier. Una festa a cura della delegazione AIS di Arezzo guidata da Massimo Rossi, la consegna dell'attestato di fedeltà, gli scherzi e le battute con i compagni d'avventura di una vita, come il vicepresidente nazionale AIS Roberto Bellini. Il primo vero evento pubblico dopo la fine del lockdown. Una boccata d'ossigeno e un ritorno alla normalità dopo questi mesi così difficili. Un percorso che ha visto Maietta attraversare tutte le tappe associative: delegato della sua provincia, La Spezia, massimo dirigente della territoriale regionale della Liguria, campione della sommelerie italiana nel 1990, poi dirigente nazionale e, infine, presidente nazionale dal 2010. L'attestato lo ha emozionato.

Che Italia del vino c'era 40 anni fa?

"Non avevamo la percezione delle potenzialità esplosive del vino italiano, che pure faceva parte della nostra cutura popolare. Il vino italiano si difendeva, ma sinceramente oggi si assiste ammirati a una progressione negli anni davvero importante, soprattutto nella ricerca della qualità diffusa".

E fare il sommelier all'epoca cosa significava? Il fondatore dell'AIS Jean Valenti ricordava come nei suoi primi servizi di vino in pubblico gli domandassero se il tastevin che aveva appeso al collo fosse un portacenere...

"Altri tempi davvero, con Valenti parliamo della seconda metà degli anni Sessanta! Sono arrivato in AIS quindici anni dopo la sua fondazione. L'intuizione vincente di Jean Valenti e dei fondatori dell'associazione fu capire che la comunicazione del vino doveva abbandonare sinedri ristretti, circoli di pochi tecnici specializzati e rivolgersi agli appassionati, ai curiosi e anche a chi il vino non lo conosceva perchè ne consumava pochissimo. Fu questo percorso che mi fece appassionare alla sommelierie già da studente".

Cosa la spinse a iscriversi al corso per sommelier?

"Mia madre e mio padre avevano un ristorante a Portovenere, in Liguria. Ero un ragazzo e all'ennesima brutta figura in sala con un cliente del ristorante mi dissi 'mai più'. L'Associazione italiana Sommelier era molto autorevole e strutturata già all'epoca e così decisi di diventare uno studente aspirante tastevin. Cominciai a vedere quasi subito i vantaggi di una comunicazione efficace del vino alla clientela".

Il vino lo consumava anche prima di frequentare i corsi AIS?

"A casa mia come in tutte le case degli italiani il vino non mancava mai. Era una consuetudine. C'è stato un periodo in cui l'Italia ha perso questo rapporto familiare con il vino, ma poi, per fortuna, lo ha ritrovato".

Qual è stata l'importanza dell'AIS nell sua formazione?

"A me interessava il vino in funzione del servizio e della comunicazione al pubblico, questo è la sommelerie. Non avevo nemmeno 20 anni, e ho avuto la fortuna di conoscere e di 'rubare il mestiere' ai grandi maestri dell'epoca. una figura che mi è rimasta particolarmente impressa è quella di Luigi Veronelli".

Per la fama del personaggio?

"Certamente il carisma, ma non solo. Al di là della sua esuberanza nella comunicazione del vino, era una persona riservata. Parlava poco e ascoltava molto. Aveva questi occhi penetranti e quando gli rivolgevi la parola eri sempre in soggezione per come avrebbe valutato i tuoi interventi e la tua capacità di leggere i processi in corso nel calice italiano. La sua cantina a Bergamo Alta era un sogno per un giovane sommelier, si poteva incontrare un'umanità variegata che faceva capire quanto fosse vasto e ancora inesplorato il mondo del vino italiano".

Quando si è iscritto all'AIS il vino italiano usciva devastato dallo scandalo del metanolo...

"Una vicenda terribile, in tutta Italia non si voleva più bere vino. Fu tutto un sistema che si scrollò le macerie di dosso e si rialzò in piedi negli anni successivi. E anche i sommelier ci misero la faccia per dare il loro contributo, facendo capire al pubblico dei consumatori che la qualità doveva rispettare certi parametri e quindi armonizzarsi con il prezzo. Credo che questa sia stata una delle chiavi di lettura dello sforzo collettivo che permise al vino italiano di risalire da quel baratro".

Oggi c'è un'altra emergenza che sconvolge il comparto vitivinicolo e interi sistemi economici. Supereremo anche questo terribile periodo del coronavirus?

"Si tratta di una situazione senza precedenti storici, con aspetti davvero inquietanti. Sarà il sistema del vino italiano assieme agli altri comparti economici più colpiti dal lockdown a risollevarsi unito, con l'apporto di tutte le sue componenti. Certamente l'esplosione della pandemia ha aperto drammaticamente una riflessione su un futuro di sostenibilità ambientale che non potrà prescindere dalle eccellenze del territorio, l'agroalimentare, la vitivinicoltura, l'olio d'oliva. Con una difesa intelligente delle biodiversità italiane. Dobbiamo davvero rimboccarci le maniche".

Per i suoi secondi 40 anni cosa si aspetta?

"Quest'anno festeggio anche dieci anni di vita con Ilaria, mia moglie. Spero di dedicarmi maggiormente ai miei affetti, a ciò che a volte ho trascurato per gli impegni nell'Associazione Italiana Sommelier".



Prosit, salute ai sommelier italiani e al loro presidente. Perchè il vino italiano si trova ora davanti alla sfida più difficile. Una sfida fondamentale non solo per l'economia, ma per la stessa specificità italiana nel mondo.

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