Dimessi 2400 pazienti e spediti in Rsa e hospice. Ma possono contagiare

Se "clinicamente guariti", devono lasciare l'ospedale ma non è detto che non siano ancora "positiivi": come vuole una delibera del 23 marzo della Regione Lombardia, il 30% dei pazienti convalescenti dal Covid-19 viene spostato in altre strutture con il rischio di creare nuovi focolai

Dimessi 2400 pazienti e spediti in Rsa e hospice. Ma possono contagiare

I numeri dicono che i dimessi dagli ospedali lombardi fino ad oggi, 28 marzo, sono ben ottomila ed uno. Una cifra rincuorante visto il bollettino di guerra a cui siamo abituati ad assistere, impotenti, ogni giorno, soprattutto dalla regione più colpita d'Italia.

Dimessi, ma non guariti

Se sono dimessi, vuol dire che sono guariti e tornano a casa. In realtà, però non è proprio così, anzi: ben il 30% degli 8.001, circa 2.400 persone ed in pratica quasi uno su tre, è vero che ha lasciato l'ospedale ma non per far rientro tra le mura domestiche bensì verso gli hospice, strutture per le cure palliative e l'assistenza ai malati terminali e verso le Rsa (Residenza sanitaria assistenziale) e case di riposo presenti in tutta la regione.

Come si legge sul Fattoquotidiano, Marco Agazzi, presidente Snami-medici di famiglia di Bergamo, è stato il primo a lanciare l'allarme. "Poiché negli ospedali bisogna liberare posti letto - ha raccontato - i pazienti Covid convalescenti vengono mandati nelle strutture per gli anziani, col rischio che queste diventino a loro volta dei focolai".

Enorme rischio contagio

C'è un nodo importante da capire: i pazienti dimessi che vengono dichiarati "clinicamente guariti", non è detto che lo siano al 100%. La malattia, per un certo lasso di tempo, può "lasciare in eredità" una certa positività. L'unico modo per scoprirlo è eseguire due tamponi a distanza di 24 ore l'uno dall'altro ed entrambi devono risultare negativi. Ma, se già esiste grande carenza di tamponi per i sintomatici, figurarsi se i pazienti dimessi potranno mai essere presi in considerazione.

La questione, però, è fondamentale, perché è proprio con il rischio di essere potenzialmente ancora contagiosi che i pazienti Covid-19, dimessi dagli ospedali, varcano la soglia di altre strutture sociosanitarie, con dei rischi enormi per chi abita quelle strutture.

C'è una delibera

Volenti o nolenti, i posti letto negli ospedali vanno riservati ai positivi che hanno i sintomi più gravi, e vanno liberati. Ecco perchè vengono in soccorso gli hospice e le Rsa, grazie ad una delibera decisa dalla giunta del governatore Attilio Fontana datata 23 marzo che stabilisce l'istituzione di un supporto di cure palliative "per la presa in carico dei pazienti Covid complessi, cronici e fragili" sia in ambito domiciliare, sia attraverso l'attivazione di percorsi di consulenza.

Massima prudenza

I nuovi ricoveri per questi pazienti, nella maggioranza dei casi tutti over 75, sono già scattati, come nell'Istituto Palazzolo della Fondazione Don Gnocchi a Milano o come accade presso la casa di cura Domus Salutis di Brescia. "Ci sono due tipologie di trattamento: quella domiciliare e quella in reparto - spiega Luigi Leone, direttore sanitario della Domus Salutis - parliamo di pazienti che possono essere ancora contagiosi e quindi dobbiamo attrezzarci per garantire la tutela dell'operatore sanitario e per assicurare l'assistenza adeguata. Arrivano tutti da ospedali pubblici che devono essere alleggeriti".

Chiaramente, il ricorso alle Rsa ed agli hospice per i pazienti dimessi Covid-19 non piace nè ai parenti degli ospiti di quelle strutture ma nemmeno ai medici.

"Abbiamo separato i percorsi di accesso per non ripetere gli errori che sono stati fatti in passato dai pronto soccorsi, ma dobbiamo stare molti attenti - chiarisce Leone - nelle Rsa o in altre strutture sociosanitarie è già entrato qualcuno infettato: ed è stata una strage".

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