Un robot può sostituire l'avvocato? Se ne parla in un convegno a Milano

Venerdi 18 maggio a Milano si parla di "Diritto al futuro-The next generation of lawyers". Ci spiega tutto Giovanni Lega, presidente dell'Associazione Studi Legali Associati, che ha organizzato l'evento. Abbiamo chiesto un parere anche ad Alessandro Izar, presidente dei Govani avvocati di Milano

Un robot può sostituire l'avvocato? Se ne parla in un convegno a Milano

Un grande convegno sui cambiamenti della professione di avvocato, con studiosi, operatori ed esponenti di spicco del panorama economico, sociale, culturale, artistico e sportivo, nazionale e internazionale, che discuteranno e si confronteranno sui grandi temi dell’innovazione, sulla professione del domani e non solo. L'appuntamento è a Milano venerdì 18 maggio 2018 a Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa Italiana, dalle 10 alle 20. Ne abbiamo parlato con l'avvocato Giovanni Lega, presidente di Asla (Associazione Studi Legali Associati), uno degli organizzatori di "Diritto al futuro-The next generation of lawyers", e con l'avvocato Alessandro Izar, presidente di Agam (Associazione giovani avvocati Milano).

Avvocato Lega, cosa vi proponete con questo convegno?
Diritto al Futuro è un evento nato e voluto per realizzare a favore dei giovani l’innovazione in tutte le sue componenti. Una “sveglia” che vuole essere provocatoria e rassicurante al tempo stesso. Una nuova rivoluzione sta arrivando, i primi segnali sono già visibili, e quando l’onda arriva si può scegliere di cavalcarla o si rischia di essere travolti. Noi con questo evento, gratuito per nostra scelta nonostante l’altissimo livello di tutti i panel, vogliamo permettere ai partecipanti di cavalcarla. Starà poi a loro, studenti, avvocati, e professionisti, sfruttare le molte opportunità che sorgeranno da questa giornata nella maniera migliore.

A chi si rivolge l'iniziativa?

Il target è quanto mai variegato. Certamente avvocati, storicamente avversi all’innovazione. Ma non dimenticherei gli studenti, che abbiamo provato a coinvolgere sia all’interno dei panel che come partecipanti. L’idea alla base di Diritto al Futuro infatti non è solamente creare un evento fine a se stesso che termini il 18 Maggio quando si spegneranno le luci di Palazzo Mezzanotte. Vogliamo portare i dati dei questionari forniti e le idee emerse durante la giornata di fronte alle istituzioni perché intervengano seriamente nel loro ambito di competenza. Non è possibile che un professionista uscito dall’università debba essere nuovamente formato una volta che passa la soglia di uno studio legale. Non è possibile che non si parli correntemente inglese. Non è possibile, e qui voglio essere ancora più provocante, che non vi siano reali percorsi di intersezione tra il mondo che noi serviamo, ossia quello delle imprese, e il mondo universitario. Il mercato richiede cambiamenti radicali.

Tra i relatori vi sono diverse importanti personalità del mondo delle professioni, della scienza, dell'università e anche del marketing. Cosa ci può dire a riguardo?

Significa che la collaborazione, la multidisciplinarietà, e più in generale i valori che toccano non il professionista sono in primis quelli che toccano l’essere umano e saranno alla base del nostro lavoro ancor più di quanto lo siano adesso. Ritengo che un avvocato o uno studente possano imparare sul sacrificio molto di più da una Manuela di Centa, pluricampionessa olimpica e prima donna a scalare l’Everest, che da tanti professionisti del settore. Idem dicasi per una Bebe Vio, per una Rebecca Agliolo che ha fondato la sua startup di legal tech a Cambridge a poco più di 20 anni, o per ognuna delle grandi donne – Emma Marcegaglia, Tara Gandhi, El Khayat, Kathleen Kennedy, Fernanda Contri - che ci parleranno del loro percorso individuale e di come il potere possa essere strumento per cambiare il mondo che ci circonda. Sarebbe stato lo stesso se avessimo inserito grandi cuochi per parlare di leadership all’interno di una cucina. I percorsi dell’apprendimento non possono essere stagnanti. Devono essere necessariamente variegati e connessi tra loro.

Se non sbaglio c'è anche un robot… che significa?
Sì, è il robot Pepper, farà la sua prima uscita pubblica e rappresenta uno dei motivi di maggior vanto per noi organizzatori, vogliamo porre l’accento sul fatto che il linguaggio delle macchine e dei dati influenzeranno le nostre vite ancor più di quanto lo facciano già adesso. Conoscere Pepper e farsi un selfie con quest’ultimo da postare sui social è una maniera di prendere contatto con una nuova realtà e cominciare a comprendere che la tecnologia è uno strumento al servizio del professionista e non già qualcosa di cui avere paura. Immagino a breve dipartimenti all’interno degli studi legali dove avvocati ed informatici collaboreranno insieme per lo sviluppo di smart contracts e per offrire servizi legati alla blockchain. Già ora diversi fra gli studi ASLA utilizzano software di document review per fasi di due diligence e hanno sistemi avanzati di knowledge management. E siamo solo all’inizio.

Ci può fornire qualche dettaglio sulla vostra realtà associativa?

Asla è una realtà ormai attiva da quindici anni che racchiude alcune fra le più importanti insegne nazionali e internazionali per quanto riguarda l’avvocatura, il comune denominatore è l’organizzazione e da sempre in mancanza di normative specifiche, essendo il nostro un mondo che ha da sempre vissuto il contrasto fra l’indipendenza e l’autonomia delle professioni con quello dell’impresa, abbiamo cercato di colmare le lacune. E’stato creato un codice di best practice, a cui tutti gli studi membri di Asla hanno aderito, che prevede il comportamento, “study leave” (per la preparazione dell’esame di stato), la formazione continua dei professionisti, la maternità e tanto altro. Le realtà appartenenti ad Asla sono oggi piccole imprese che sempre più si sono dotate della medesima organizzazione con soggetti che esercitano funzioni di cerniera con i professionisti come l’office manager, paralegal, direttore finanziario, knowledge management ecc. I numeri non sono certo dalla nostra parte visto che, i circa 7.000 avvocati che fanno parte di ASLA sono solo il 2.7% dei 252000 avvocati, ma contribuiscono per quasi il 90 % ai contributi pagati dalla Cassa Forense. Anche qui, speriamo che molte cose cambino nel prossimo futuro a favore sempre dei nostri giovani.

Intervista all'avvocato Alessandro Izar, presidente Agam

Come si pongono i Giovani avvocati, da lei rappresentati a Milano, nella sfida del futuro di cui si parlerà all'evento organizzato da Asla?

La nostra associazione ha da sempre avuto un approccio di grande attenzione ed apertura verso il cambiamento. La stessa ragione per la quale fu fondata Agam, nel 197,5 fu quella di creare opportunità di incontro, e a volte costruttivo scontro, di idee e visioni su temi come la formazione, sia essa universitaria e specialistica, la pratica forense, e, più in generale, l’esercizio della professione, con uno sguardo rivolto anche verso l’avvocatura ed i mercati europei ed internazionali. La giovane avvocatura milanese, o per lo meno quella da me rappresentata e che si identifica nella nostra associazione, vede il futuro come una sfida alla quale non è possibile sottrarsi e che deve essere positivamente affrontata con la consapevolezza che il cambiamento prescinde dalla volontà di chi lo subisce. L’unica strada possibile è dunque quella di capire tale cambiamento e dove possibile anticiparlo per poter svolgere in modo efficace, utile e rilevante il ruolo che la società e la costituzione riconoscono agli avvocati. Giornate di incontro come quella organizzata da Asla, nella quali si parlerà di diversity, di mercato, di organizzazione dell’attività e di formazione, sono occasioni molto importanti per confrontarsi, ma soprattutto per fermarsi e riflettere sui segnali di un mutamento della nostra professione che è già in atto.


Da anni si dice che in Italia ci sono troppi avvocati. Al convegno si parlerà anche del “legale robot”. Non c'è il rischio di una pericolosa concorrenza sleale?

Che in Italia ci sia un numero elevato o forse eccessivo di avvocati, più di 240.000, può rappresentare certamente un elemento di difficoltà per i giovani colleghi che si affacciano ad una professione con alto tasso di competitività. Tuttavia, ritengo che non ci siano scorciatoie e che l’unico modo per affermarsi e restare attrattivi nel medio-lungo periodo sia quello di puntare sulla qualità e su un’assistenza rapida, ma non per questo meno approfondita o “standardizzata”. In quest’ottica penso che l’applicazione dell’intelligenza artificiale nel nostro settore possa rappresentare un’opportunità oppure uno strumento di svilimento del servizio professionale, a seconda dell’approccio che si vuole avere. Renato Borruso nell’affrontare il tema del rapporto tra computer, uomo e diritto ha sapientemente affermato che è necessario comprendere quando e se il computer può sostituire l’uomo e non limitarsi soltanto ad aiutarlo nello svolgimento delle sue attività. A mio avviso, almeno ad oggi, il computer può certamente soppiantare l' "avvocato umano" nell’attività di ricerca di analogie, similitudini, riferimenti normativi e precedenti giurisprudenziali e nel fornire sommarie, prime risposte a quesiti generici; tuttavia la comprensione della situazione fattuale sottoposta dall’assistito, l’individuazione della scelta che sia più idonea e opportuna per il caso concreto e non esclusivamente corretta sul piano giuridico, richiede una sensibilità ed un vissuto insostituibili.

Certo è innegabile che la possibilità di redigere atti o parere in poco tempo grazie all’aiuto di un software, al momento non economicamente accessibile a tutti, potrebbe rappresentare un vantaggio per alcuni studi legali rispetto ad altri magari più giovani colleghi, ma credo si tratti del medesimo vantaggio che, a suo tempo, ebbero i professionisti che poterono utilizzare le banche dati online rispetto agli altri che non erano provvisti. Ritengo quindi che l’evoluzione della tecnologia con il tempo porterà ad un progresso per le scienze giuridiche e così anche per la nostra professione.

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