Un documento che, a detta degli autori, sarebbe esaustivo per escludere "l'illecità del comportamento dei due marò". Tradotto: Salvatore Girone e Massimiliano Latorre sono innocenti. Ci sono le carte, ma il governo e la Difesa le hanno in qualche modo ignorate. Continuando a mantenere una linea che ha prolungato sine die la detenzione dei marò.
Gli autori del rapporto "nome in codice DREADNOUGHT", Diego Abbo (Capitano di vascello) e Alfredo Ferrante, ne sono certi: la loro ricerca, che presto diventerà un libro, mette in risalto con dettagliate analisi dei dati la manifesta non colpevolezza dei fucilieri italiani. Ma non solo. Il loro lavoro permette anche di "identificare, senza tema di smentita, delle condotte istituzionali che potrebbero essere penalmente rilevanti".
Lo studio non è una novità. Non lo è per i vertici militari. Nel 2013, infatti, il rapporto venne presentato al delegato dell'allora ministro della Difesa, Mario Mauro. L'autore fu chiamato a conferire agli alti gradi della Marina, ma della relazione non se ne fece nulla. Abbo mise a disposizione il suo operato "senza però essere mai contattato".
Marò non perseguibili
Gli autori hanno sviluppato la loro ricerca con una analisi duale. "Da un lato - si legge nel rapporto - è stata analizzata la componente dinamica in cui vengono ricostruite le rotte dell’Enrica Lexie e del St. Anthony". Dall'altro, sono state ricostruite le "traiettorie delle raffiche partendo dalla distribuzione dei colpi sulla tuga del St. Anthony e sulla loro velocità di impatto stimata". Infine, basandosi sugli atti presentati dall'India, è stata realizzata una "accurata analisi di balistica forense". Ciò che emerge da questi studi è che "la teoria dello spiattellamento (rimbalzo dei colpi sull’acqua) pone le basi per l’esclusione dell’illiceità del comportamento dei fucilieri di marina". Quindi, i marò avrebbero effettivamente sparato quei colpi, ma in acqua. Fatto che esclude la natura dolosa o colposa dell'atto.
Seguendo questa linea si sarebbe potuti arrivare rapidamente alla sentenza di "non perseguibilità" di Latorre e Girone. E di evidenziare così la "buona fede" dei marò.
Le colpe dell'Italia
Le istituzioni italiane, in particolare i ministeri di Difesa, Trasporti e Esteri, si sarebbero macchiate di "comportamenti omissivi" riguardo al "non adempimento di ben 8 inchieste obbligatorie per legge: 1) l’inchiesta sommaria e quella formale (previste dal codice della navigazione); 2) l’inchiesta di sicurezza (prevista dalla normativa discendente dalle direttive dell’Unione europea); 3) le inchieste sommaria e formale (previste dal Testo Unico dell’Ordinamento Militare); 3) l’inchiesta per infortuni sul lavoro (prevista dalla normativa antinfortunistica); 4) le due inchieste dello Stato di bandiera (la prima prevista dalla Convenzione di Montego Bay e la seconda in ottemperanza alla Convenzione internazionale volta a tutelare la sicurezza della navigazione mercantile)". Violazioni che peseranno sull'immagine dell'Italia e anche sul futuro dei fucilieri di Marina.
Le colpe dell'Europa
Tra le istituzioni finite sotto accusa c'è però anche l'Europa. "Vengono individuati - si legge - dei comportamenti dell’Unione Europea non conformi alla sua stessa normativa afferente la sicurezza marittima". L'Ue, infatti, per bocca del Commissario Europeo per i Trasporti, Violteta Bulc, si era lavata le mani sulla vicenda marò, affermando che "le questioni militari ricadono nell’area di responsabilità degli stati membri". L'Europa sarebbe dovuta intervenire, richiamando il governo italiano all'ordine e spingendolo ad avviare tutte le necessarie inchieste.
In sostanza, concludono gli autori, "l’atteggiamento dell’UE oltre a rappresentare una responsabilità extra contrattuale configura una violazione della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo in merito al diritto alla vita alla libertà e alla sicurezza".I documenti ci sono. Ma i governi hanno fatto finta di nulla.
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