Gli elettori non contano

L'onda di destra conquista la Francia, ma potrebbe non bastare. Ecco perché e chi sono i nemici della democrazia

Gli elettori non contano
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Se fosse un quesito di logica potremmo definirlo il paradosso democratico francese (e non solo). La storia è questa. Il presidente Macron perde consenso alle ultime elezioni europee e si gioca il tutto per tutto sciogliendo il Parlamento. È una mossa d'azzardo, da avventuriero della politica. Il senso è più o meno di chiedere ai francesi di scegliere tra lui, paladino dei valori occidentali, e i bruti che premono oltre la barriera, quelli della destra impresentabile che il sistema francese tiene da sempre fuori dalla porta dei palazzi che contano. Il risultato, neppure tanto sorprendente, è che gli elettori si risvegliano e vanno a votare al primo turno come non accadeva da anni e anni. È una sorta di primavera democratica che disegna un verdetto chiaro. I bruti non vengono percepiti come bruti e non solo non fanno paura, ma contaminano, circoscrizione per circoscrizione, l'esagono che delinea il territorio francese, con tanto di Corsica fuori sede. La mappa illumina senza troppe parole quello che è successo. Il colore che indica i voti dei «lepenisti» è diffuso e prende province e campagne, periferie e distretti. Non basta per governare, perché il secondo turno è un'altra partita, ma indica qualcosa che non si può ignorare.

Qui si arriva al paradosso. Macron, che ha chiamato i francesi a dare un segno, dice che quei voti sono sporchi, maledetti e dissennati. Sostiene che quei voti rappresentano un'insidia mortale per la democrazia. Quei voti sono spazzatura nera che tutti gli umani di buona volontà devono contrastare nel nome della democrazia e della libertà. È un appello alla grande alleanza contro i bruti. Ma con chi? Macron qui decide di scaricare la memoria breve e si affanna a mettere in piedi patti di desistenza con la «Francia indomita», quella di monsieur Mélenchon, che lo ha pure superato nei consensi e con cui fino a ieri sembrava impossibile dialogare. Tutto questo accade perché bisogna salvare la democrazia dalle derive democratiche. Chi vota non sa quello che fa. Non ti puoi mai fidare dell'elettore qualunque. È così che tutti quelli che si sentono veri democratici cominciano a ripetere che anche Hitler è in qualche modo figlio di una democrazia dissennata, come se questa Francia fosse Weimar. E qui però si apre un altro quesito. Bardella è come Hitler? Il Rassemblement National è nazista? Perché, se davvero è così, allora non dovevano neppure partecipare alle elezioni. Se invece è un partito conservatore, o reazionario, allora è una storia diversa. I reazionari possono non piacere ma non sono un pericolo per la democrazia. Ultimo punto. Il giovane Bardella sta portando, con fatica, i «lepenisti» fuori dai loro lati oscuri. Il suo movimento non è verso l'estrema destra. Non fosse altro perché non gli conviene. Macron, paladino dell'Occidente, per tenerlo al di là della barriera preferisce invece sottoscrivere un patto con Mélenchon che si muove invece dall'altra parte, oltre un confine che simpatizza con Putin e non nasconde sentimenti viscerali contro Israele.

Noi facciamo finta di non vedere che la France Insoumise di Mélenchon non solo rifiuta l'idea di Occidente, ma considera i valori liberal democratici obsoleti o finzione ideologica dell'imperialismo americano. Allora in questo gioco dove sta la democrazia? E chi sono i suoi nemici? Non chiedetelo a Macron perché ormai ha smarrito ogni risposta.

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