"Fai la spesa e stai zitto". Siamo alla follia statalista

Il potere logora chi non ce l'ha e provoca assuefazione in chi ne ha troppo. Chissà se il Divo Giulio condividerebbe, ma la quarantena ci sta regalando tante prove a sostegno della tesi

"Fai la spesa e stai zitto". Siamo alla follia statalista

Il potere logora chi non ce l'ha e provoca assuefazione in chi ne ha troppo. Chissà se il Divo Giulio condividerebbe, ma la quarantena ci sta regalando tante prove a sostegno della tesi. Una delle più eclatanti arriva da Rimini, dove l'azienda sanitaria della Romagna ha pubblicato un vademecum da supermercato dai toni ultimativi. Primi due punti: «Va istituita una figura che presidia e controlla» e «la spesa va fatta in silenzio». La giustificazione sarebbe che così si evita l'emissione delle famigerate «goccioline». E c'è da ringraziare i guardiani della salute per essersi limitati, perché in effetti piccole particelle si emettono pure respirando. Si potrebbe argomentare, giustamente, che i medici danno i consigli, poi tocca alla politica valutare. Vecchi schemi saltati: come segnala Italia Oggi, il vademecum è finito pari pari sulla bacheca Facebook della Provincia di Rimini. Del resto c'è anche il rebus del sindaco di Crespina Lorenzana (Pisa) che ha vietato la spesa al di sotto dei 50 euro. Ma i supermercati chiedono ai clienti di fare compere in fretta. Dunque: spendere tanto e comprare poco. Casi del genere ci sono in tutta Italia, basti guardare alla Toscana che, mentre il Dpcm sulle riaperture prescrive un metro di distanza nei negozi, ha alzato il limite a un metro e 80. Il Veneto ha fatto cifra tonda, due metri.

Campione della specialità è però Vincenzo De Luca, che ha vietato in Campania il cibo da asporto e a domicilio. Nella capitale della pizza, dunque, impossibile farsi recapitare una margherita. A Roma sono stati più selettivi: agli alimentari rimasti concesso di vendere pizza bianca o rossa, ma senza mozzarella. Lo stesso governo si è più volte impelagato nei micro divieti, come il balletto dell'autorizzazione a passeggiare con i figli, su cui si è arrivati al premier che smentisce il Viminale.

Tutto a fin di bene, per carità. A ogni divieto si può trovare una spiegazione: limitare il droplet (Rimini), garantire il distanziamento (Toscana e Veneto), frenare il consumo di ingredienti freschi (Roma), scongiurare il contagio «da asporto» che il governatore De Luca denuncia essere accaduto in un paese irpino.

Quello che sconcerta è il silenzio rassegnato di molti libertari e l'afonia degli indignados di professione. In altri tempi, il video di forze dell'ordine che inseguono un anziano da solo in un parco con l'ausilio di un drone avrebbe sollevato polveroni polemici, incuranti che il fuggitivo fosse magari un rapinatore anziché un solitario appassionato di fitness.

Al contrario, sui social riscuotono alto gradimento i video di De Luca che suggerisce l'uso del lanciafiamme, le riprese di multe e inseguimenti e, all'inizio della quarantena, perfino le immagini dei metodi brutali della polizia cinese.

Il punto non è entrare nel merito dei singoli divieti né sminuire l'importanza del lockdown che, specie all'inizio, andava imposto in modo radicale per far capire che l'allarme era serio. Ma, come ha fatto notare il giudice emerito della Consulta Sabino Cassese, la Costituzione «ha considerato la possibilità di disporre limiti dettati dalla urgenza e dal pericolo caso per caso, per singole libertà».

È invece diventato normale abrogare libertà costituzionali con un tratto di penna o con una mail della Asl. Nessuno pensa che ci sia il rischio di dittatura, ma a emergenza finita non sarà facile far tornare indietro chi ha gustato l'ebbrezza di un potere così sconfinato sulle vite degli altri.

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