Fallì per pagare i debiti: processato per bancarotta e assolto

Dopo un turbolento iter giudiziario, è arrivata la piena assoluzione. Questa l'incredibile vicenda di un imprenditore bergamasco

Fallì per pagare i debiti: processato per bancarotta e assolto

Giovanni D. si era rovinato per pagare le tasse e alla fine era finito in Tribunale per bancarotta fraudolenta e per aver sottratto alla sua azienda circa 430mila euro. L'uomo è riuscito a dimostrare che quel denaro era servito, esclusivamente, per pagare le tasse e i fornitori.

Così, dopo vent’anni di problemi e di cartelle esattoriali, è arrivata la buona notizia e il lieto fine: l’assoluzione. "Il fatto non costituisce reato" sentenzia la corte.

Le traversie per il residente di Fara Gera d’Adda (Bergamo), titolare con la moglie di una ditta di assemblaggio di parti elettriche, erano cominciati nel 1994, quando gli arrivò una cartella esattoriale di 12 milioni di lire.

Nel corso degli anni la somma è lievitata a 347mila euro e l’imprenditore si è trovato costretto a vendere due appartamenti che non erano comunque bastati a coprire la cifra: rimanevano 79mila euro da versare. Tramite un accordo di rateizzazione con il Fisco è riuscito a versare mille euro al mese a Equitalia tenendone 500 per la famiglia. Ma la concorrenza cinese ha fatto crollare l’attività, alcuni creditori sono falliti e il denaro che si aspettava di incassare non è mai arrivato. L'uomo si è fatto allora prestare denaro dalla suocera, ha venduto la sua casa andando a vivere in un container e ha licenziato le 7 dipendenti (trovando però prima un altro lavoro a tutte). Ha anche cercato di vendere il capannone, ma prima di riuscirvi è arrivato inesorabile il pignoramento cautelativo e subito dopo è stato dichiarato quel fallimento che l’uomo non aveva mai voluto dichiarare.

Ed eccoci all’accusa di bancarotta fraudolenta per sottrazione: 244.388 euro tolti dalla sua precedente attività per pagare Equitalia e altri 115.324 dal conto in banca per altri creditori.

Ora è arrivata l’assoluzione, ma la storia non è finita.

L’imprenditore (che abita con la famiglia nel suo ex capannone in attesa che vada all’asta) vive di lavoretti saltuari, ha tuttora un debito di 62mila euro con Equitalia, e due da 190mila e 62mila con due banche. Non è proprio un lieto fine, ma, almeno, un finale meno amaro ed umiliante.

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