La forzatura dei giudici: Toti resta ai domiciliari. Cassese: diritto ignorato

Atto politico delle toghe contro il governo

La forzatura dei giudici: Toti resta ai domiciliari. Cassese: diritto ignorato
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Non c'è più una sola ragione per non considerare il caso Toti come un caso politico dichiarato, un'azione unilaterale della Magistratura contro un singolo amministratore, contro un singolo Governo, contro una singola Riforma della giustizia che vuole raddrizzare le storture che le toghe liguri stanno esibendo in chiave quasi provocatoria, fatta anche solo per continuare ad arrogarsi uno strapotere. Si poteva anche pensare che i pm in questione avessero dapprima beneficiato della mera indipendenza dell'inquirente (anche dal procuratore capo) ma che la fragilità delle accuse si sarebbe schiantata contro i livelli di garanzia rappresentati dal gip e dal tribunale del riesame: ma quando l'affare Toti è approdato al Csm, il 19 giugno, si è capito subito che l'asticella si stava alzando. Nel chiedere una «pratica a tutela» dei pm genovesi, per difenderli dal «pericoloso clima di delegittimazione» alimentato dal governo e dalla stampa di destra, il parlamentino dei magistrati ha nazionalizzato la questione e lanciato un richiamo corporativo. Così il caso Toti è diventato un vessillo pur traballante.

La Riforma Nordio vuole limitare le intercettazioni quali fonti di prova, ma la procura di Genova ha intercettato un entourage di governo per quattro anni: questo alla spasmodica ricerca di fatti corruttivi che, paradossalmente, non ha trovato.

La Riforma Nordio vuole limitare la pubblicazione di intercettazioni che potrebbero in parte non confluire nel fascicolo del processo, l'unico che dovrebbe contare: ma sui giornali è uscita una portineria di carte fumogene, atte a nascondere che il governatore Toti, dettaglio, non ha mai incassato un euro che non fosse dichiarato e messo a bilancio: tutti i finanziamenti risultano in chiaro (registrati), ma in Italia un esponente politico non sembra essere libero di avere degli sponsor che cerchino di ricavare un interesse privato a margine di opere pubbliche. Ora il surreale giudizio del Riesame ha definito l'ottusità delle accuse come un problema di Toti: «Ha dimostrato di non averle comprese appieno». Stessa replica è stata mossa dal Riesame verso l'intento di Toti di non chiedere né ricevere (più) dei finanziamenti da imprenditori, interessandosi frattanto delle loro pratiche.

La Riforma di Nordio prevede anche un pre-interrogatorio dell'arrestando e un collegio che valuti prima di procedere, in modo da riportare (in realtà portare) la custodia cautelare nell'alveo delle eccezioni: ma, pur di mettere agli arresti Toti, e così mantenerlo, pm e giudici si sono letteralmente inventati che amministrare abbia le sembianze di un reato: il fatto che il governatore possa tornare a governare o a gestire consensi viene equivalso a una «reiterazione» appunto del reato, a meno che si dimetta e non sia a piede libero nei periodi elettorali: dapprima i magistrati hanno citato le elezioni Europee, ma poi hanno esteso a ogni altra possibile, questo in virtù di un'accusa di voto di scambio. Neppure il proposito di non candidarsi più a governatore (terzo mandato) è bastato ai magistrati, i quali vogliono e pretendono le dimissioni politiche di Toti quali requisito per la sua liberazione.

La Riforma Nordio prevede anche la separazione delle carriere tra pm e giudici, ma la nota contiguità tra i primi e i secondi ha trasformato pm e gip e riesame in un sol uomo: tanto che servirà un giudizio di Cassazione (previsto dopo l'estate) per vagliare e contraddire, riteniamo, il giogo ricattatorio degli arresti a cui Toti è sottoposto. Non avevano torto, i suoi legali, quando avevano ventilato l'ipotesi di ricorrere direttamente in Cassazione, saltando il Riesame.

Toccherà alla Sacra Corte valutare una «indubbia spregiudicatezza nel commettere reati» (Riesame dixit) e toccherà alla politica, quella nazionale, valutare se il caso non possa costituire un precedente che la veda commissariata in perpetuo, in futuro, da una corporazione in cui l'oltranzismo dei pochi sembra prevalere sul senso del dovere dei molti.

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