Mentre l’Italia soffre l’ora più lunga, le carceri decidono di ribellarsi. Qualcosa che andrebbe condannato. Qualcosa che, anche per rispetto delle forze dell’ordine, andrebbe respinto al mittente senza se e senza ma. Ieri abbiamo assistito a una mobilitazione che fa male al Paese. Famiglie di detenuti e gruppi antagonisti hanno sposato la causa dei rivoltosi. Creando non pochi problemi alle nostre città. È in questo marasma che arriva un tweet di Gad Lerner. Lascia a dir poco sgomenti. "Pietà per i detenuti", scrive. "E rispetto per la loro sofferenza. Sì, anche la loro vale la nostra, per quanto abbiano sbagliato. Perché la dignità umana è una e una sola. Oggi più di ieri il grado di civiltà del Paese si misura dalle sue carceri".
L’ultima rivolta, contro le restrizioni decise per il coronavirus che prevedevano la sospensione delle visite ai carcerati, nel pomeriggio di ieri a Melfi (Potenza), dove alcuni facinorosi hanno sequestrato cinque agenti della penitenziaria e cinque sanitari: quattro medici, di cui due donne, e due infermieri. Una protesta difficile, durata per dieci ore. Il personale sequestrato nelle zone di massima sicurezza è stato liberato solo nella notte.
Nel carcere di Melfi - dove sono detenute circa 200 persone - dal pomeriggio hanno operato diverse decine di uomini delle forze dell’ordine. Poco prima, nel carcere di Marino del Tronto, uno dei 41 trasferiti la scorsa notte da quello di Modena dopo i tumulti e il saccheggio dell’infermeria, è morto. È la settima vittima della rivolta di ieri. Causa del decesso dell’uomo, un 40enne, sarebbe stata un’overdose. Già all’arrivo nel carcere ascolano le sue condizioni di salute erano apparse gravi. A quanto trapela un altro dei detenuti giunti da Modena, sarebbe in condizioni gravissime sempre per l’assunzione di oppiacei avvenuta prima dell’arrivo nel carcere ascolano.
Dopo la rivolta nel carcere di Modena, ieri pomeriggio, le proteste divampano in altri istituti penitenziari italiani, 27 secondo il sindacato di polizia penitenziaria. I detenuti protestano soprattutto per le forti limitazioni agli incontri con i familiari, chiedono garanzie contro il contagio da coronavirus e rinnovano la richiesta di interventi per ridurre il sovraffollamento. Un filo rosso che lega buona parte degli istituti di pena.
A Roma alcuni detenuti hanno divelto una grata sul tetto del carcere di Regina Coeli, dalla quale hanno lanciato cartoni, giornali e anche un materasso a cui hanno dato fuoco. Dall’interno della struttura si sono sentite le urla di protesta. Le forze dell’ordine hanno chiuso le strade attorno al carcere, anche quelle verso il Gianicolo. Problemi anche a Rebibbia. Una rivolta si è accesa anche nel carcere di Foggia dove sarebbero stati oltre 50 in tutto i detenuti evasi: 36 quelli che sono stati bloccati poco dopo dalle forze dell’ordine. Grazie alla mediazione di un dirigente della polizia, i carcerati sono rientrati nelle celle.
L’incendio appiccato davanti all’ingresso del carcere è stato spento dai vigili del fuoco. E poi, Trani. Secondigliano. Bologna, Rieti, Prato. Palermo. Milano. Verona, Alessandria.
Gli istituti di pena restano comunque presidiati dalle forze di polizia. Forze, che lo ricordiamo, fanno il loro lavoro in silenzio. In condizioni precarie e sottopagati. A loro, sì, va la nostra solidarietà. Vigilanti silenziosi in un Paese sottosopra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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