"È un piano organizzato, la mano è anarchica"

Il segretario dei funzionari polizia penitenziaria: "Grave il silenzio del ministro"

"È un piano organizzato, la mano è anarchica"

«La situazione è drammatica affrontiamo le rivolte con mezzi scarsi e con personale ridotto anche a causa dell'emergenza coronavirus. Siamo in una situazione che non si vedeva, lo dicono i nostri veterani, dai tempi delle Brigate Rosse». Daniela Caputo, segretario di Dir PolPen, il sindacato dei funzionari di polizia penitenziaria descrive così in questa intervista a il Giornale la situazione creatasi dopo le rivolte divampate in 22 carceri italiane. Ma a far arrabbiare Daniela Caputo è soprattutto l'assenza del governo. «Da domenica siamo in trepidante attesa di una presa di posizione del ministero della Giustizia. C'è bisogno di decisioni anche dure, ma indispensabili per fronteggiare una situazione critica».

Cosa intende con risposte dure?

«Semplicemente l'applicazione di quanto previsto dalla legge ovvero l'immediata applicazione dell'articolo 41 bis con la sospensione del trattamento penitenziario fino a fine disordini nelle carceri interessate dalle rivolte. E dove sono stati distrutti i presidi esterni di sicurezza deve arrivare l'esercito per impedire che chiunque entri o esca dalle carceri. Sono misure emergenziali, ma lo sono anche i fatti a cui assistiamo».

Perché è grave il silenzio del ministero?

«Perché in assenza di disposizioni possiamo solo applicare misure di contenimento e limitare i danni. Molti colleghi sono stati feriti, altri sono stati presi in ostaggio e alcuni comandanti sono in servizio da oltre 24 ore. Il corpo fa il possibile, ma la rivolta si diffonde a macchia d'olio grazie ad un tam tam tra carceri. È una situazione di guerriglia. Lo Stato deve capire che queste situazioni distraggono l'attenzione dall'emergenza coronavirus e richiedono risposte immediate».

Sospetta un piano organizzato?

«Sì e ci auguriamo che la magistratura faccia luce quanto prima. Abbiamo l'impressione di una regia occulta. I messaggi dei gruppi che invitavano i detenuti a organizzarsi e chiedevano ai parenti di preparare presidi intorno alle carceri sono circolati sui social poche ore dopo l'introduzione delle misure limitative riguardanti i colloqui».

Davanti a San Vittore ci sono i centri sociali. C'è anche il loro zampino?

«Anarchici e centri sociali da tempo puntano a coinvolgere i detenuti. Non spetta a noi individuare i responsabili, ma va fatta chiarezza e va punito chi in momenti così delicati sobilla i detenuti. Sono a rischio la vita e la salute del nostro personale».

La regia anarco-insurrezionalista è plausibile?

«Le nostre strutture d'indagine da tempo riferiscono di iniziative anarco-insurrezionaliste».

A che scopo?

«Gli assembramenti interni dei rivoltosi e quelli esterni dei famigliari richiedono lo spostamento delle forze dell'ordine creando condizioni da evitare per ridurre la diffusione del contagio».

Era necessaria la sospensione dei colloqui?

«I penitenziari sono strutture chiuse, se il virus le penetra si rischiano scenari in stile Diamond Princess. Molti comandanti avevano già ipotizzato la necessità di una quarantena e avevano attrezzato le loro strutture. Ma le rivolte mettono tutto in discussione. Abbiamo strutture inagibili e sezioni completamente distrutte».

La sicurezza fisica e sanitari dei vostri agenti è tutelata?

«Fino a ieri la tutela sanitaria c'era nonostante i limiti burocratici. Preoccupa invece la sicurezza fisica. La politica ha sempre penalizzato la polizia penitenziaria ostacolandone la preparazione. Noi ci battiamo per carceri più sicuri in cui i dirigenti possano definire le singole politiche di sicurezza.

Ma ci hanno tacciato di deriva autoritaria accusandoci di voler militarizzare le carceri. La conseguenza è sotto gli occhi di tutti. Le carceri sono in mano a facinorosi mentre il nostro personale affronta gravi pericoli».

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