Achille Lauro, il noto cantante, fa ancora discutere per via di una sua "performance" durante il recente festival di Sanremo. Lauro, che si è presentato sul palco brandendo il Tricolore, lo ha lasciato cadere a terra per poi effettuare la sua esibizione. Il gesto non è piaciuto a molti, e in particolare a una persona: il generale di brigata Rodolfo Sganga, comandante dell'Accademia Militare di Modena, la fucina dei nostri ufficiali dell'Esercito, dal settembre del 2019.
Il generale, infatti, ha rivolto un pensiero agli allievi ufficiali dell'Accademia Militare di Modena con un post sul proprio profilo Facebook in cui critica aspramente l'esibizione di Lauro. Il pluridecorato ufficiale comandante scrive: “Cos’è il Tricolore? Il Tricolore è una cosa seria. È il simbolo della nostra Patria che è la Terra dei Padri. E la Patria non è un concetto astratto, anzi! Rappresenta la nostra storia, le nostre tradizioni, i nostri Valori, la nostra cultura, la nostra lingua, le nostre famiglie. La nostra Patria siamo noi. Quel Tricolore siamo noi. Il Tricolore è la bussola etica che ci indica costantemente la direzione corretta da seguire nella vita. E noi Soldati in uniforme, gli rendiamo omaggio in maniera solenne ogni mattina. Per difendere quel Tricolore sono morti Soldati a centinaia di migliaia e altrettanti Italiani sarebbero pronti a farlo se dovessimo difenderlo ancora. Ecco cos’è il Tricolore”. Una bandiera gettata a terra su un palco non è quindi un modello edificante. Sganga prosegue: “Ricordatevelo ogni volta che vedrete qualche “fenomeno del momento” che gli manca di rispetto. Perché purtroppo ne troverete molti nel corso degli anni. Quello sarà il momento di porre a lui la seconda domanda: “Ma tu chi sei? Il Tricolore è sopravvissuto fino ad oggi a combattenti, avversari, eventi e vicissitudini che hanno tentato di strapparcelo. Sopravviverà anche a questo signore vestito di piume…”
Sganga è un paracadutista e ha un curriculum militare di tutto rispetto che gli ha fruttato importati onorificenze. Nato a Varese nel 1967, è stato comandante della brigata paracadutisti “Folgore”, capo sala operativa del Comando delle Forze Operative Terrestri, capo sala operativa e capo della sezione piani Nato dello Stato maggiore dell’Esercito. Poi è stato addetto militare nell’ambasciata d’Italia a Washington e ha partecipato a diverse operazioni in Kosovo, in Afghanistan e in Libano. Il generale è stato decorato con una medaglia d’argento al valore dell’Esercito, una croce di bronzo al merito dell’Esercito, più altre decorazioni per il suo servizio svolto, sempre con eccellenza. È stato inoltre nominato cavaliere della Repubblica Italiana ed è stato insignito della Legion of Merit degli Stati Uniti. Ha conseguito vari titoli accademici specialistici nazionali e internazionali, tra cui master in geopolitica, studi strategici internazionali e Military Studies e Operational Studies presso la Marine Corps University di Quantico, in Virginia. Ha frequentato tra l'altro l’istituto superiore di Stato maggiore interforze (2004), lo Usmc Command and Staff College (2005) e la Usmc School of Advanced Warfighting (2006).
La reprimenda del generale è pienamente comprensibile oltre che condivisibile: la bandiera nazionale non è un drappo qualsiasi, esiste perfino una legislazione che ne prescrive “l'utilizzo”, la sua cura ed il modo di maneggiarla, come esiste anche il vilipendio alla bandiera, sebbene non più rientrante nelle casistiche di reato penale. Se è scontato che un militare, soprattutto con una carriera come quella del generale Sganga, si senta offeso dal gesto di Lauro, purtroppo non lo è per la gente comune, o almeno per una buona parte di essa. Basterebbe dare uno sguardo ai vessilli nazionali che sventolano sulle nostre scuole o edifici delle amministrazioni locali per vedere, spesso e volentieri, come siano malridotti e sporchi, eppure la legge prescrive che la bandiera nazionale sia tenuta sempre in buono stato e pulita.
Purtroppo non è più tempo per i simboli, o meglio per certi simboli, così abbiamo ministri che appoggiano i piedi sulle scrivanie dei dicasteri che occupano per “mostrarsi giovani” e per mostrare le scarpe rosse simbolo della violenza sulle donne in un contesto in cui è richiesta una certa etichetta istituzionale (sarebbe bastata una foto
diversa per evitare polemiche e sortire lo stesso sacrosanto messaggio di solidarietà), in una continua opera di destrutturazione della “sacralità” di certi ambiti celata dietro l'ipocrita finalità del loro “svecchiamento”.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.