L'Italia col fiato sospeso: vent'anni dalla strage di Linate

Il secondo decennale della sciagura più grave nella storia dell'aviazione civile italiana

Aeroporto di Milano Linate
Aeroporto di Milano Linate

Era l’autunno del 2006. Al Piccolo Teatro d’Europa di Milano andava in scena una pièce teatrale dell’attore Giulio Cavalli che raccontava i retroscena della più grande tragedia dell’aviazione civile italiana. Cavalli sul palco parlava di comunicazioni della torre di controllo disturbate, di segnaletica orizzontale sulla pista mancante o fuorviante, di una serie di errori che avevano causato l’irreparabile.

Alle 8 e 10 dell’8 ottobre 2001, 5 anni prima di quella serata in teatro, uno scontro nella nebbia tra due velivoli in fase di decollo sulla pista dell’aeroporto milanese di Linate aveva causato 118 morti. Un bimotore McDonnell Douglas MD-87 della Scandinavian Airlines diretto a Copenaghen con a bordo 104 passeggeri e 6 componenti dell’equipaggio entrò in collisione con un Cessna Citation diretto a Parigi con a bordo 2 passeggeri e 2 piloti, che aveva in pratica tagliato la strada al volo scandinavo. L’MD-87 aveva iniziato il decollo a 270 chilometri orari di velocità. Non potè evitare il piccolo Cessna che fu spezzato in 3 tronconi uccidendo tutti gli occupanti. L’MD-87 aveva perso il motore destro e non poteva più contare su quello sinistro ingolfato dai detriti del Cessna. Nonostante i tentativi del comandante di governare l’apparecchio, l’MD-87 ricadde al suolo curvando verso destra lungo la via di fuga in erba e schiantandosi sul deposito bagagli, in una palla di fuoco causata dall’attrito dell’ala destra che strisciava sulla pista (il carburante era nelle ali).

In quel momento c’erano 5 operai al lavoro tra valigie e nastri trasportatori: ne morirono 4 assieme alle 118 persone sull’aereo. Sopravvisse solo Pasquale Padovano. Ma da allora la sua vita non sarebbe stata più la stessa. Nel fisico perché le ustioni lo avevano completamente sfigurato e nell’animo perché non avrebbe mai superato il trauma di quella sciagura di cui era stato l’unico superstite. Già all’epoca aveva iniziato il suo calvario di interventi chirurgici. Quella sera venne in teatro e con coraggio civile e dignità da lavoratore ricordò a chi lo intervistava quei terribili momenti. Non riusciva nemmeno a stringere la mano ai giornalisti e alle persone che lo salutavano, come pure era portato a fare per istinto.

Puntava il dito soprattutto contro la torre di controllo di Linate, Padovano. Non si capacitava di come fosse stato possibile che nessuno vedesse che due velivoli stavano per scontrarsi frontalmente in uno dei più grandi aeroporti d’Italia. La sua voce usciva indignata e giustamente rabbiosa seppur rotta dalla fatica e dall’emozione. E c’erano anche i cittadini del “Comitato 8 ottobre. Per non dimenticare” che riunisce soprattutto i familiari delle vittime di quella sciagura, ma non solo. Quel giorno Viviana Vanelli, insegnante, e Simone Zanoli, tecnico di apparecchiature laser, avevano deciso di festeggiare il loro matrimonio con un viaggio in Danimarca; si erano sposati il 6 ottobre 2001, avevano 30 anni. Il ristoratore bergamasco Giovanni Rota, 49 anni, aveva pensato di fare una sorpresa alla figlia Paola residente a Copenaghen: ma trovò invece la morte con la moglie Clara Rota, 43 anni e con il figlioletto Michele, 6 anni. Un tristissimo epilogo di questa storia lo avrebbe scritto la figlia Paola, che mai avrebbe riabbracciato i genitori a Copenaghen; Paola si è tolta la vita il 20 dicembre 2013. Su quel volo maledetto anche Antonella Sanna, ingegnere, 30 anni; era diretta a Copenaghen per una consulenza edilizia.

Chi era al Parco Forlanini o abitava in zona ricorda bene i rumori infernali del terribile schianto e l’esplosione che squarciò il silenzio di quella mattina di nebbia.

L’Italia e l’Europa restarono con il fiato sospeso. 27 giorni prima, l'11 settembre 4 aerei dirottati dai terroristi islamici avevano seminato il terrore negli Stati Uniti, con gli attentati alle Torri Gemelle di New York e al Pentagono di Washington. E un giorno prima, il 7 ottobre, era iniziata la guerra in Afghanistan che sarebbe durata fino ai nostri giorni. Tutti pensarono a un attentato della jihad, la guerra santa all’Occidente. Per questo inconsciamente l’opinione pubblica aveva inizialmente tirato un sospiro di sollievo. Perché quello di Linate non era un attentato islamico come si temeva, ma “solo” un incidente. Per poi scoprire che l’incidente era in realtà la più terribile strage della storia dell’aviazione civile in Italia, che metteva Linate in una lista nera seconda solo al disastro di Tenerife, causato il 27 marzo 1977 dallo scontro in pista tra due Boeing 747, 583 vittime.

20 anni dopo Milano ricorda tra i faggi del memoriale delle vittime di Linate, a pochi giorni dall’incidente di San Donato. Il 3 ottobre scorso un velivolo ultraleggero Pilatus C-12 precipita poco dopo il decollo da Linate su una palazzina nei pressi dello stazionamento dei pullman di San Donato, dove c’è un capolinea della linea gialla della metropolitana.

Muoiono gli 8 passeggeri a bordo, tra cui il piccolo Rafael Nascimbene, appena 1 anno. La palazzina si trova all’angolo tra via Marignano e via 8 ottobre 2001: una maledizione che sembra tornare ciclica nei cieli sopra Milano…

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