"Negazionista". È questo l'ultimo appellativo usato per definire Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di Microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze del Sacco. Un appellativo - quello di negazionista - usato per screditare un convegno che si è tenuto al Senato lo scorso 27 luglio. Insieme a lei, oltre a diversi esponenti politici, molti medici e studiosi, come Matteo Bassetti, Giuseppe De Donno, Massimo Clementi, Giulio Tarro e Alberto Zangrillo (in diretta Skype). Esperti che in questi mesi di pandemia abbiamo imparato a conoscere. E qualcuno anche ad apprezzare. Medici e ricercatori che non hanno negato il Coronavirus - come invece qualcuno vorrebbe far credere - ma che non ci hanno nemmeno terrorizzato. Qualcuno di loro ha anche sbagliato, come la stessa Gismondo (ma allora perché non ricordare che Burioni disse che il rischio era zero?). Tutti, però, si sono rimboccati le maniche per cercare di capire, studiare e mettere nell'angolo il virus.
La lunga premessa per dire un po' di più dell'autrice, Maria Rita Gismondo, di Ombre allo specchio. Bioterrorismo, infodemia e il futuro della crisi (La Nave di Teseo). Un libro che cerca di fare un po' di chiarezza sulla vicenda Covid-19 a sette mesi dall'inizio ufficiale della pandemia e di tracciare possibili scenari per il futuro. Già perché, mentre in Italia l'epidemia sembra rallentare (poco più di 300 casi lievi al giorno) nel mondo il virus continua a diffondersi, soprattutto negli Stati Uniti e in Brasile. Cosa accadrà domani? Dobbiamo davvero temere il virus?
Partiamo da un presupposto, come ricorda la virologa nel suo libro: le malattie fanno parte della vita e della storia dell'uomo. Hanno decimato popolazioni e stroncato prematuramente vite, come nel caso della spagnola. Hanno cambiato il corso di battaglie, come fece la peste durante il conflitto tra Atene e Sparta. In poche parole, hanno plasmato il mondo. Ma noi ce ne siamo dimenticati. Per il mondo occidentale, infatti, le epidemie sono state a lungo un qualcosa di lontano. Certo, c'era stata la Sars, ma tutto sommato si era trattato di un fenomeno contenuto. Ebola e colera, invece, sono malattie che, con un certo cinismo, molti vedono lontane. Non ci toccano, dunque non esistono. Ma non è così, come abbiamo raccontato su queste pagine.
Il vero problema di questo virus è che ci ha colti impreparati. Il governo stesso, forse, non credeva al reale pericolo di Sars-Cov-2, come spiega la Gismondo: "Con la prima ordinanza si nominava, quale commissario con la responsabilità di gestire gli interventi necessari a superare la situazione di emergenza, Borrelli, già capo della Protezione civile. Viene da chiedersi quale sia stata la motivazione alla base di tale scelta. Tutti i compiti affidati alla Protezione civile sarebbero comunque stati svolti, con o senza nomina, con o senza stato di emergenza. E, benché Borrelli sia un professionista serio e preparato, per un'emergenza sanitaria ci saremmo aspettati una figura di spicco nell'ambito delle bioemergenze, con anche il supporto dell'Iss, organo ufficiale di consulenza del ministero della Salute. La realtà, secondo me, è che nessuno in quel momento credeva nella reale gravità della situazione e quelle decisioni sono state dettate da motivazioni molto più complesse, oltre che precauzionali. La scelta, probabilmente, mirava più che altro a far vedere alla nazione che il governo si stava organizzando con il supporto di persona autorevole, conosciuta dai cittadini per l'intervento su crisi precedenti (il terremoto nelle Marche) più che per la sua competenza in sanità".
Perché, per affrontare davvero questa emergenza sanitaria, sono necessari innanzitutto preparazione e quattrini, come è stato fatto per l'ospedale in Fiera a Milano (la cui utilità però la Gismondo mette in dubbio). L'Oms, che pure in questa pandemia non è sempre stato all'altezza del suo compito, negli ultimi otto anni ha messo sul tavolo 200 milioni di dollari per un progetto chiamato Pandemic Influenza Preparadness Framework (Pip). Nel 2018, ricorda la Gismondo, l'Oms ha pubblicato un documento intitolato Passi essenziali per lo sviluppo e l'aggiornamento di un piano nazionale di preparazione a una pandemia influenzale in cui si avvertiva: "Il mondo deve aspettarsi un'epidemia di influenza killer, e anzi deve essere sempre vigile e preparato in modo tale da poter combattere la pandemia che sicuramente si verificherà". E così è stato. Poco più di un anno e mezzo dopo, il nuovo coronavirus entrava in scena.
E dobbiamo abituarci a scenari simili in futuro, come ha spiegato più volte David Quammen, e come ricorda la Gismondo: "Se tutto andrà bene avremo otto, dieci anni di tregua". In un mondo sempre più globalizzato, infatti, le malattie si spostano più velocemente: "Passata questa epidemia, infatti, comincerà l'inevitabile countdown verso la prossima. Le condizioni globali, soprattutto l'allargamento dei centri urbani verso le foreste, fanno sì che aumentino i contatti tra l'uomo e gli animali selvatici di alcune aree, serbatoio di virus sconosciuti al nostro organismo. Inoltre l'aumento vertiginoso degli spostamenti della popolazione - da un lato graze ai viaggi aerei, dall'altro per colpa di esodi, guerre e siccità - giocherà un ruolo di acceleratore di possibili contagi".
La grande partita, come stanno giustamente dicendo tutti, si giocherà questo autunno, quando l'influenza stagionale si affiancherà al coronavirus, che certamente non ci avrà abbandonati: "Ciò che potrà riverlarsi una vera sfida - scrive la Gismondo - sarà la diagnosi precoce, perché le due infezioni si manifestano con sintomi sovrapponibili. L'errore diagnostico sarà sempre in agguato e avremo bisogno di test di laboratorio in grado di differenziare le due cause. Questi test esistono e sono molto attendibili e rapidi.
Saremo in grado di averne a sufficienza? Si sta procedendo con l'identificazione di un percorso diagnostico e l'approvigionamento del materiale necessario?".Questo lo scenario futuro. Senza paura, non ci resta che prepararci. Il conto alla rovescia è già iniziato.
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