Grillo contro Conte: "Truffa politica"

Cosa potrebbe accadere al Movimento 5 Stelle: il braccio di ferro di citazioni tra Grillo e Conte

Grillo contro Conte: "Truffa politica"
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Moriremo di citazioni. «M'hai provocato e io te distruggo» dice in pratica Grillo a Conte, un po' come lo diceva Alberto Sordi al maccherone del film. Oppure «dopo di noi il diluvio» dice in alternativa Grillo a Conte e a chi pensava che il diluvio fosse già lui, Conte, il modo in cui ha ridotto i Cinque Stelle: senza soldi, senza unità, senza politica, senza obiettivi e senza voti. L'ultima citazione, giornalistica, è per la «tecnica Parmalat», ossia come Il Foglio ha ribattezzato la svelata volontà del fondatore di - da una parte - intervenire all'assemblea costituente dei grillini (questo in ottobre) per parlare dal palco e fare una scenata storica, dimostrare la truffa politica che Conte ha in mente prima di plasmare un suo partito personale; ma anche per, nostra opinione, condurre il Movimento (lui, Grillo) a una bancarotta societaria e politica motivata dal fatto che non gliene frega più niente: piuttosto che farsi scaricare, beh, lui distrugge tutto, perché l'hanno provocato, e lui li distrugge, e dopo di lui diluvierà, perché lui è Giove Pluvio. Finirà in scissione o per avvocati (come lo è Conte) ma, piuttosto che vedersi scippare i due mandati e il nome e il simbolo, beh, lui entrerà all'assemblea imbottito di tritolo: perché Giuseppe Piero Grillo è sempre stato questo, non c'è un patrimonio politico (parolaccia) da salvaguardare, non c'è un futuro possibile magari concreto e sudato e possibilmente meno distopico di quello previsto dal defunto Casaleggio, non c'è niente, ed eccoci alla quarta citazione: «Roba mia, vientene con me» scrisse il Verga nelle Novelle Rusticane. Con me, al camposanto. Lo si capisce da come Grillo, nella lettera intercettata dal Foglio e scritta al Comitato di garanzia (gente sua, lui spera), esprima la più totale sfiducia nella democrazia diretta: ora che, questa democrazia diretta, non è più in mano a lui. Siamo sicuri, insinua, che il calcolo degli iscritti al Movimento sia giusto? Non è che ne hanno disattivato qualche migliaio? Non è che Conte ha lasciato soltanto i suoi? Non è che, per questo e per quello, ci saranno dei sorteggi guidati, dei consulenti contiani dappertutto, dei trucchi da avvocaticchi o da congresso di partito? Eh? Sono gli stessi dubbi (anzi: sono molti di meno) che riguardavano il Movimento «quando c'era lui», il fondatore. Anzi: sembrano le lagnanze di tutto l'arco costituzionale quando il governo Conte bis sembrava cosa fatta ma i grillini (alcuni grillini) invocarono la vincolante benedizione della «piattaforma online» con la quale si doveva in teoria gestire i voti degli iscritti e quindi la linea del partito, ma che tutti, già allora, erano stra-convinti che servisse solo a un singolo cittadino che di nome faceva Davide Casaleggio: ora invece si chiama Giuseppi. In effetti, i dubbi di Grillo appaiono fondati: i voti online sono sempre andati nella direzione gradita ai loro gestori. Il paradosso, in sostanza, è che Beppe Grillo si ribella alle regole del Movimento non per le ragioni risapute e sempre denunciate da altri il suo essere manifestamente manipolabile bensì per la remota ipotesi che, per una volta, possa funzionare, e possa rivelare che cosa davvero pensi la maggioranza della famigerata «base»: tipo che invecchiare male è sempre meglio che schiattare subito. La lettera di Grillo ai garanti, intercettata dal Foglio, è solo l'inizio. L'inizio della fine, nelle intenzioni.

E in attesa di intervenire in assemblea come in uno spettacolo dei vecchi tempi (con la sala ancora piena, ora come allora) non manca chi si chiede come sia successo che la sua lettera sia sfuggita di mano, e chi abbia avuto da guadagnarci.

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