La guerra rotolava fino a un momento fa dietro lo schermo della tivù come se il cristallo del video fosse antiproiettile. Uno spettacolo da osservare dalla platea ben separata dalle assi insanguinate del palcoscenico. Poi i proiettili, fischiando sopra i caschi dei soldati italiani disposti sul confine tra Israele e Libano, hanno rigato il vetro. Non siamo al riparo, non c'è immunità. La mia analisi geopolitica - giuro - finisce qui. E allora? Che fare? Ad esempio immergerci nella battaglia navale quotidiana tra esperti di strategie, e vedere chi vince al talk show. Giorgio Gaber avrebbe ironizzato su questa via d'uscita con una immagine immortale: «Non c'è via di scampo, non mi resta che farmi uno shampoo». Ci vorrebbe qualcosa di meno fatuo dello sciacquarsi la testa con la schiuma della fantaguerra. Un'idea ce l'avrei: prendere in mano, invece che il telecomando, la Bibbia. Non è una fuga fuori, ma un entrare dentro. Può venirne un lampo di speranza, un diluvio senza l'Arca di Noè. La mia esperienza è che l'esercizio suscita comunque un brivido di coscienza. Per la miseria, siamo vivi. Non sarà facile darcela a bere, qualunque sia il serpente incantatore.
A differenza di molti preti, ho letto la Bibbia. Non ne sono uscito credendo in Dio (almeno finora), ma non conosco nulla che racconti i fatti nostri e altrui meglio del libro nel quale Dio racconta la sua vita. Ogni volta, ricominciando dalla Genesi, trovo sempre capitoli e versetti che mi erano sempre passati invisibili davanti agli occhi, ed ecco si aprono squarci imprevisti.
In questi mesi ho ripreso la pratica di ricerca con domande orientate sul tema. Cioè: che cosa dice la Bibbia della guerra? Essa, com'è noto, è piena di scontri brutali. Qual è il giudizio su di essa, visto che talvolta pare essere Dio stesso a menar le mani? Per dirla con Manzoni, qual è «il sugo della storia»? Confesso di essermi sempre portato dietro un pregiudizio disperato. Mi si è stampato nella memoria, e pure in latino, il versetto che apre il capitolo 7 del libro di Giobbe: «Vita hominis militia est», la vita dell'uomo è una guerra. Tutto qui? Poi ci sono passi di tutt'altro genere. Ma sono profezie, sogni. Come la Resurrezione, che pure è narrata nei Vangeli come un fatto. Ma come gli ebrei fin quasi ai tempi di Gesù, io non credo neppure in un al di là.
Avanti però, volta la pagina, che meraviglia e che orrore questa vita di bene e di male. Ero quasi alla fine dell'Antico Testamento, ed è uscito un libro che sin dal titolo ripropone questa enorme e trascurata constatazione. Il Dio dei nostri padri, autore Aldo Cazzullo (HarperCollins, pagine 334, euro 19,50). In copertina si spiega: «Il grande romanzo della Bibbia». Come si dice, casca a fagiolo. Ma a quanto pare è cascato a fagiolo per tantissime persone bisognose di una risposta. Era come se in questi tempi tumultuosi la gente comune si fosse data appuntamento al riparo di quella memoria delle due o tre cose, essenziali per vivere, che sappiamo esserci state tramandate con quella «Parola». Non vogliamo sia dissolta. Credenti o no, la Bibbia, cioè la storia di un Dio che si mescola con un popolo sfigato alquanto, deportato, scannato, disperso, però sempre in cammino, ci è entrata negli ossicini allorché eravamo nelle acque dell'utero. Oggi, per le ultime generazioni non è più così, e capiamo che hanno smarrito qualcosa di imperdibile e vorremmo consegnarlo anche a loro. Magari quest'opera può aiutare. Sin dalla prima settimana è risultato il primo in classifica, arcivenduto, doppiando qualsiasi concorrente. Ne ricavo l'idea che in fondo sappiamo che non sarà l'intelligenza artificiale a evitarci la guerra, almeno quella della totale distruzione nucleare cui sembriamo avviati, ma il desiderio naturale di consegnare una storia bellissima ai nostri figli.
Il libro di Cazzullo ha questa caratteristica: l'essere stato scritto da un grande cronista. Non racconta in generale. Ma si sporge sui particolari minuti. Il sassolino. Il filo d'oro nel fango. La scrittura è nitida e forza non è la sua, semplicemente se la fa prestare umilmente dalla Bibbia. È una sequenza di citazioni straordinarie legate con delicatezza. Insomma, cosa dice Dio della guerra? Non siamo nati per la guerra, anzi. Siamo nati per corrispondere l'uno con l'altro, come Adamo con Eva. Poi entra in gioco il male. Scrive Cazzullo: «Il mistero del male e del dolore è irrisolvibile». Neanche la Bibbia lo risolve. «Dio ha messo in gioco sé stesso e il suo potere» per sconfiggerlo. Non ce la fa da solo. Deve trovare alleati. Ma perde la speranza di trovarne. Dice: «È venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra». Ma poi Dio si contraddice. Non distrugge tutto. Sceglie uno che non vuole la guerra, ed è Noè. Sull'arca, nota Cazzullo, gli animali non si divorano tra loro. Profezia del mondo che la Bibbia desidera e pure Dio, visto che l'ha scritta Lui.
Dio sceglie poi Abramo, gli promette non l'aldilà ma un aldiquà di prosperità per un'infinita discendenza. Per mantenere il suo patto entra in guerra al fianco di Israele: «Il Signore è prode in guerra, si chiama Signore. I carri del faraone e il suo esercito ha gettato nel mare e i suoi combattenti scelti furono sommersi nel Mare Rosso. Gli abissi li ricoprirono, sprofondarono come pietra». Ma poi pianta il suo popolo prediletto per quarant'anni nel deserto. Trova la terra dove scorre latte e miele, ma poi gli israeliti si dimenticano di Lui e vengono deportati. Giuditta sta per tagliare la testa a Oloferne, è una povera bellissima vedova, il nemico invasore è potentissimo, puntano sulle loro lance e sugli archi «e non sanno che tu sei il Signore, che stronchi le guerre. La tua forza non sta nel numero, Né sui forti si regge il tuo regno; tu sei il Dio degli umili». Perciò lei sa di farcela. E i calcoli della geopolitica dei persiani, gli antenati degli algoritmi vittoriosi del Pentagono vanno in briciole. Dio scende in guerra, ma poi la stronca. In fin dei conti non è risolto il mistero di come e perché la storia dei popoli e degli individui percorra una strada trionfale che poi si rivela un vicolo cieco. La presunzione dell'uomo di decidere infallibilmente il suo destino è una presunzione da bauscia o da sborone.
Credere di avere Dio dalla propria parte e lanciare «la madre di tutte le battaglie» (Saddam Hussein) di solito ti porta in un fosso, ma in una palude mesopotamica sono sprofondati anche gli americani, che con Bush citavano i salmi, che l'hanno impiccato.Ne ricavo questo: non ricominciamo. Non sempre Dio è con noi, con le guerre quasi mai. Vado avanti con la Bibbia.
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