Due italiani condannati a 54 anni di carcere in Guinea

Fabio e Filippo Galassi, padre e figlio, sono stati "ingiustamente" condannati a 54 anni di carcere in Guinea Equatoriale

Due italiani condannati a 54 anni di carcere in Guinea

Fabio e Filippo Galassi, padre e figlio di 63 e 25 anni, sono stati condannati rispettivamente a 33 e 21 di carcere in Guinea Equatoriale per reati fiscali. Sono in prigione nel paese centroafricano dalla primavera del 2015. Da semplici dipendenti dell'azienda per cui lavoravano, la General Work, sono stati al centro di una vicenda giudiziaria ambigua e controversa raccontata, in una lunga inchiesta, da L'Espresso.

"Sono più di due anni che non vedo mio figlio. Senza una soluzione dovrò aspettarne altri diciannove prima di poterlo riabbracciare. È orribile, Filippo deve tornare a casa", dicembre Carla Strippoli, madre di Filippo ed ex moglie di Fabio.

I due si sono trasferiti nel 2010 nel paese africano, uno dei più ricchi e dei più corrotti del continente, governato ininterrottamente dal 1979 dal presidente-dittatore Teodoro Obiang: la sua famiglia è stata più volte accusata di arricchirsi sulle spalle dello Stato. Fabio e Filippo Galassi erano dipendenti della General Work, impresa del settore edile, di proprietà dell’italiana Annamaria Moro e della famiglia del presidente Obiang. Fabio lavorava prima per il governo guineano, poi nel dicembre 2010, è stato assunto dall'impresa della signora Moro, di cui diventa compagno di vita e braccio destro negli affari. Allora, nel giro di poche settimane, anche il figlio Filippo lo ha raggiunto.

Ma, nella primavera del 2015, entrambi sono stati arrestati con l’accusa di voler fuggire dal paese con una valigia piena di soldi. Accusa falsa: nelle valigie c'erano solamente effetti personali e tremila euro in contanti. Padre e figlio passano due mesi nel carcere di Bata, prima di vedersi formalizzare le gravi accuse: bancarotta, appropriazione indebita, sottrazione fraudolenta di beni, corruzione, truffa e riciclaggio di denaro. Dopo sei mesi di processo, il 18 gennaio 2016, entrambi sono stati condannati dalla Corte suprema guineana.
"Mio figlio e il mio ex compagno erano due semplici dipendenti, non avevano nessuna quota dell’azienda", dice ora la signora Strippoli, che da quel momento combatte per farli uscire di prigione. È convinta che tutti e due siano "vittime sacrificali, cadute in un gioco più grande di loro".

Come racconta l’inchiesta de L'Espresso, troppe cose non tornano in questa storia e per questo, Carla Strippoli, con l’aiuto di Patrizia, la sorella di Fabio Galassi, e dall’avvocato Massimiliano Sammarco, sta provando a smuovere le acque per accendere i riflettori sulla vicenda."Abbiamo scritto all’ambasciatore guineano in Italia e presso la Santa Sede. Abbiamo scritto alle ambasciate spagnole, al ministero degli Esteri, persino all’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri Federica Mogherini.

Ma in due anni tutto è rimasto immobile, perché?" si chiede. "Un ragazzo di 25 anni dovrà passare altri 19 anni in galera senza aver commesso alcun reato. Perché a nessuno interessa fare giustizia?".

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