Il «sistema», mandato sotto pressione dalle rivelazioni di Luca Palamara, va in tilt ed è ora a un passo dall'implosione. L'intreccio tra magistratura, politica e informazione che ha condizionato la vita democratica al riparo da occhi indiscreti, una volta smascherato non regge più il gioco (sporco), dopo vent'anni di successi, se tali si possono definire le decapitazioni per via giudiziaria della classe politica avversa alla sinistra. Quello che è successo negli ultimi mesi ha dell'incredibile: verbali segreti con pesanti accuse all'ex presidente del Consiglio Conte, ad importanti magistrati e uomini di Stato prima insabbiati, poi consegnati, non si capisce a che titolo, nelle mani di Piercamillo Davigo che invece di fare pubblica denuncia ne parla con il presidente Mattarella e tutto viene messo a tacere; giornalisti del Fatto Quotidiano e di Repubblica che ricevono informazioni a tal riguardo e che invece di indagare, verificare ed eventualmente scrivere (che sarebbe il loro mestiere) questa volta decidono di rivolgersi alla Procura della Repubblica e per mesi fanno finta di niente; una procura, quella di Perugia, che ipotizza l'esistenza di una loggia segreta di magistrati, politici e professionisti sul tipo della P2, la «loggia Ungheria». Mi fermo qui, il resto lo trovate all'interno. È il capitolo mancante del libro Il Sistema, non per omissione degli autori, ma perché parliamo di questioni successive alla sua pubblicazione. Ma è un capitolo assolutamente in linea con i precedenti in quanto a dinamiche, logiche, intrighi e illegalità compiute al riparo dell'ombrello della giustizia. Se questa volta il giochino è stato scoperto è solo perché il «sistema», scardinato dalla valanga Palamara, non ha più la stessa tenuta di prima. Ormai è un tutti contro tutti, e anche il puro Davigo (il suo tentativo di coinvolgere Mattarella per salvarsi è ridicolo) non può sfuggire alla regola che «se fai il puro, arriverà qualcuno più puro di te e ti epurerà». Qui non basta una commissione parlamentare d'inchiesta, servirebbe una retata (niente carcere, per carità, ma tutti a casa sì). O almeno un commissario che prenda in mano il Csm degli inganni e dei furbetti.
Sì, perché il Csm è come una azienda decotta e fallita, come lo sono state la Parmalat, l'Ilva, l'Alitalia. Nella migliore delle ipotesi, volendo usare la celebre frase di Davigo, parliamo di «colpevoli che la faranno franca».
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