Venti anni. Una bottoglia di vodka. Una buona dose di fegato e forse di fortuna. Radek Jelinek oggi è l'amministratore delegato di Mercedes-Benz Italia, ovvero il capo di uno dei colossi dell'automotive mondiale. Un grande manager, insomma. Eppure la sua non è esattamente la storia di un ragazzo di buona famiglia, istruito in chissà quale istituto d'elite e formatosi alla migliore università privata d'Europa. Non subito, almeno. Jelinek infatti nasce nel 1962 a Brno in Cecoslovacchia, in quello che lui - ironicamente - chiama "il bel progetto romatico che si chiamava comunismo". Un grigiume da cui a 20 anni decise di scappare per ritrovarsi, 40 anni dopo, ai vertici dell'industria europea.
Quella di Jenilek è una di quelle vicende che meritano di essere raccontate. Lo ha fatto lo stesso manager a La Ripartenza, l'evento ideato e condotto da Nicola Porro a Bari. La sintesi è semplice, eppure interessantissima. Il giovane Jenilek a 20 anni prende 100 marchi e cerca di scappare dalla Cecoslovacchia. Tutto sembra filare liscio finché al confine tra la Jugoslavia (oggi Slovenia) e l'Austria non incontra due soldati con il kalashikov che gli chiedono dove intendesse andare. Lui, "capelli lunghi e zaino in spalla", assicura di essere un turista. "Poi tiro fuori una bottiglia di vodka, la offro ai soldati e passo il confine". Ci tiene a precisare Jenilek: "Non sono un corruttore". È solo il resoconto di una fuga che sembra da libri di storia, eppure risale ad appena 40 anni fa. "La Germania è un grande Paese che mi ha aiutato tanto grazie all'asilo politico - racconta - Lì ho potuto studiare e iniziare a lavorare in Mercedes, dove sono rimasto per tutta la vita. Poi ho girato il mondo: Argentina, Venezuela, Milano, Città del Messico, Berlino e Roma".
C'è un motivo se Jenilek oggi vive in quello che ritiene essere "il Paese migliore di tutti", ovvero l'Italia. "Quando avevo 11 anni per la prima volta ci hanno permesso di uscire dai Paesi dell'Est. Siamo venuti in Italia in vacanza con una Renault 8 senza aria condizionata e con la tenda montata sul tetto".
Quando ha visitato l'Europa, era il 1973, "ho visto tutto bello, verde e mi sono detto: voglio vivere qua". Qualche anno fa, Jenilek ha capito che fu anche quel viaggio a convincerlo a fuggire dalla sfera dell'Unione Sovietica. "Ho capito - assicura - che quella cosa grigia e brutta, il comunismo, non faceva per me".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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