“Il fatto che gli uomini non imparino molto dalle lezioni della storia è l'insegnamento più importante che la storia può offrire", affermava il visionario Aldous Huxley. Una lezione che è stata confermata dai membri del famigerato Battaglione Azov: spogliati e ispezionati sulla pelle dai soldati russi che, oggi come 78 anni fa, vanno a caccia di tatuaggi che richiamino in qualche modo la simbologia nazista. Per dimostrare al mondo che sì, "la denazificazione" ha pigmentati fondamenti.
Quando nel 1945 l'Armata Russa avanzava con la potenza distruttiva di un rullo compressore su tutto il Fronte orientale, costringendo le armate del Terzo Reich a ripiegare da Stalingrado a Berlino, uno dei primi compiti degli onnipresenti commissari politici affiancati alla truppa combattente era quello di capire se si trovavano di fronte un semplice soldato o ufficiale della Wehrmacht, oppure un membro delle Waffen-SS: la formazione d'élite voluta dal Adolf Hitler che si era macchiata di crimini di guerra fin dalla conquista dell'Ucraina.
Il tatuaggio delle SS
Il tatuaggio nelle SS, oltre ad essere una pratica "obbligatoria", era un motivo di vanto e spirito d'appartenenza ad un corpo d'élite, raccontava nel suo libro (Il sognatore con l'elmetto, Italia storica) Christian De La Mazière (che pure non se lo fece fare, accampando una scusa e risparmiandosi la morte dopo la cattura). Ma non rappresentava rune, simboli della tradizione celtica o stemmi di società segrete ed esoteriche naziste come la Thule o l'Ahnenerbe, bensì il semplice gruppo sanguigno del militare. Il Blutgruppentätowierung (letteralmente tatuaggio del gruppo sanguigno, ndr) trovava la sua posizione nella parte posteriore del braccio sinistro, a circa 20 centimetri dal gomito, e poteva essere in caratteri caratteri latini o più raramente gotici Fraktur, di diverse dimensioni. Quella standard era di sette millimetri, con inchiostro rigorosamente nero. In questo modo i soldati scelti di Hitler che rimanevano feriti sul campo potevano ricevere una trasfusione di sangue del loro gruppo - A, B, AB o 0, dato che il fattore Rh non venne inserito - in assenza della piastrina di riconoscimento. Questo veniva effettuato durante l'addestramento di base dal sanitäter del campo.
Questa prova indelebile sul corpo venne impiegata dagli Alleati per identificare i membri delle SS al termine della guerra, tanto da indurre molti membri delle Waffen-SS e a rimuovere il tatuaggio per "nascondere il loro passato" ai vincitori. La pratica si diffuse soprattutto in seguito alla triste consuetudine che cominciava a manifestarsi proprio sul Fronte Orientale - specialmente in Ucraina e Polonia - dove i prigionieri scoperti essere delle SS venivano spesso giustiziati con un colpo di pistola alla testa, quale vendetta per le convenzioni di Ginevra che molti dei loro commilitoni avevano disonorato. Macchiandosi di orribili crimini di guerra.
Alcuni nazisti celebri, come l'"angelo della morte" Josef Mengele e l'inventore dei terribili gas-van Alois Brunner, vennero rilasciati come prigionieri di guerra "comuni" proprio perché sprovvisti del tatuaggio. Un marchio a vita che in molti casi venne rimosso attraverso interventi chirurgici, ustioni e ferite autoinflitte per evitare arresti, processi ed esecuzioni. A tal proposito l'intelligence dell'esercito americano diffuse un opuscolo per riconoscere queste tipo di "ferite inflitte a tale parte del corpo" e identificare un possibile criminale di guerra.
“Più tardi, nel campo di prigionia di Tamsweg, ho incontrato lo Sturmbannführer Liecke della nostra divisione. Ci ha portato da un medico della 14a divisione SS, che ci ha fornito pastiglie di idrogeno per rimuovere i nostri tatuaggi del gruppo sanguigno. Abbiamo inumidito queste compresse e le abbiamo tamponate sulle braccia. Questo era estremamente irritante per la pelle, ma i tatuaggi si sono semplicemente staccati dopo due o tre giorni. Naturalmente la pelle ha richiesto circa due o tre settimane per guarire. Grazie a queste tavolette, sono riuscito a superare due ispezioni condotte dai nostri carcerieri", testimoniò un membro delle Waffen-SS dopo la guerra.
La storia si ripete
Fin dall'inizio delle cosiddette "operazioni militari speciali" condotte dall'esercito russo in Ucraina, i soldati ucraini catturati sono stati oggetto di attenta diesamina per verificare la loro possibile appartenenza ai battaglioni autonomi che hanno servito nella guerra del Donbass e che si sono macchiati a loro volta di crimini di guerra. Le immagini diffuse dal ministero della Difesa russo, come scritto su ilGiornale.it, sono rivolte "innanzitutto al popolo russo" quale "prova" che i soldati di Mosca sono partiti per combattere è una guerra contro il nuovo nazismo. Per catturare ed eliminare i "seguaci di Bandera". Alludendo agli ucraini che sarebbero cresciuti nel mito di Stepan Andrijovič Bandera, nazionalista e collaborazionista che guidò la resistenza ai sovietici nelle diverse fasi nel secondo conflitto mondiale.
Sembrano molto diffusi tra "gli ultimi" a resitsere nel bastione dell'acciaieria Azovstal, tatuaggi come il Totenkopf, letteralmente "testa di morto" che appartenne agli ussari prussiani ma divenne tristemente noto come simbolo delle mostrine delle SS e sopratutto delle SS-Totenkopfverbände (ossia i reparti assegnati alla custodia dei campi di concentramento); come le rune, il "sole nero" usato prima dalla Società Thule; come "l'amo dei lupi" o Wolfsangel, usato da Hitler prima della svastica; e direttamente volti di personaggi e altri simboli del Nazionalsocialismo. Hannah Arendt, la politologa che spiegò al mondo la "banalità del male" che scandì il nazismo e i suoi crimini, affermò: "È nella natura delle cose che ogni azione umana che abbia fatto una volta la sua comparsa nella storia del mondo possa ripetersi anche quando non appartiene a un lontano passato". Ricordandoci come gli errori del passato siano sempre replicabili.
I soldati del Battaglione Azov, noti per le loro ideologie estremiste, non devono aver mai pensato all'ipotesi di diventare "prigionieri non comuni" in base ai tatuaggi che hanno scelto per vezzo. Forse è per questo che, nelle scorse settimane, si è spesso ripetuto che non si sarebbero lasciati catturare vivi.
La storia tuttavia ci ha concesso una trama diversa. Adesso non resta che vedere come si comporterà Mosca dopo aver separato gli estremisti dell'Avoz, dai marines e gli sbandati dei reparti ucraini che rappresentavano l'ultima sacca di resistenza a Mariupol.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.