Gli ignoti Calipari che proteggono il Paese (e i cittadini)

Alla memoria di Nicola Calipari riluce una delle medaglie d'oro al valor militare più meritate della Repubblica

Gli ignoti Calipari che proteggono il Paese (e i cittadini)
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In Italia esistono ancora riflessi condizionati nei confronti dei servizi segreti, anche nei giorni in cui si commemora in Parlamento un autentico eroe, Nicola Calipari. E suona quasi strano che uno dei primi tre 007 del Paese, il direttore del Dis Vittorio Rizzi, senta la necessità di precisazioni che dovrebbero essere superflue. «Io voglio garantire, voglio essere garante e testimone, che la comunità dell'intelligence si muove all'interno del perimetro di legalità. Lo dico a nome di Nicola Calipari, che è morto all'interno di questo perimetro, e a nome delle donne e degli uomini che servono ogni giorno questo Paese per garantire sicurezza, protezione degli interessi politici, militari, economici e industriali dell'Italia» ha detto ieri durante la Relazione annuale 2025 della sicurezza nazionale.

Nicola Calipari ci lasciava vent'anni fa, colpito a morte da un soldato americano nei pressi dell'aeroporto di Bagdad mentre riportava in Italia l'inviata del manifesto Giuliana Sgrena, liberata dal dirigente del Sismi dopo un mese di sequestro da parte di un commando iracheno. In un certo mondo dell'epoca, quello che ruotava attorno proprio alla giornalista rapita, la narrazione era quella di un Irak occupato militarmente dagli Stati Uniti di George W. Bush, le cui truppe spadroneggiavano con metodi brutali contro gli insorti (i terroristi del dopo Saddam). Mentre in Italia, il corrispettivo era il governo Berlusconi, visto come il peggiore dei mali anche se riuscì a riportare a casa la reporter italiana, mentre più sfortunati colleghi di altre nazionalità salutavano in video i loro cari in tuta arancione prima di essere decapitati.

Alla memoria di Nicola Calipari riluce una delle medaglie d'oro al valor militare più meritate della Repubblica. Scelse di fare scudo a Giuliana Sgrena su quella maledetta Toyota Corolla mentre la vettura veniva bersagliata dai militari americani che temevano un'autobomba diretta verso il checkpoint. Si scrisse di tutto: dal tragico malinteso alla vendetta Usa nei confronti di un Paese che rompeva il fronte della fermezza sugli ostaggi civili. Insinuarono addirittura che il povero Calipari fremeva dalla smania di avvisare Palazzo Chigi sul buon esito dell'operazione, a costo di commettere imprudenze. Infamie.

Il poliziotto italiano non solo si era mantenuto entro quel margine di legalità che, nella zona grigia degli incarichi speciali, può essere calpestato per ragioni superiori. Ma al momento dell'imprevisto professionale - il fuoco amico degli alleati americani - scelse di sacrificare la propria vita per salvare la missione.

Tutti lo ricordano come un uomo straordinario e un agente eccezionale. E forse bisognerebbe rivendicare con orgoglio quanto si sussurra nei corridoi dei servizi segreti: a protezione dell'Italia ci sono tanti uomini e donne come lui.

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