Ecco il nuovo ponte di Genova. "Poteri speciali, ma per riaprire"

Sono bastati meno di due anni, lo invidia già il mondo. Lo chiamano modello. A Genova è stato costruito un nuovo ponte. Ieri è stato completato il sollevamento dell'impalcato

Ecco il nuovo ponte di Genova. "Poteri speciali, ma per riaprire"

Sono bastati meno di due anni, lo invidia già il mondo. Lo chiamano modello. A Genova è stato costruito un nuovo ponte. Ieri è stato completato il sollevamento dell'impalcato. Lo ha reso possibile Marco Bucci, il sindaco più silenzioso d'Italia: «Non mi piacciono le chiacchiere e le polemiche. Non ho tempo per farle». E non gli piacciono neppure i nastri, che da oggi, c'è da scommettere, si proveranno a tagliare: «I fatti parlano. Non serve la retorica. La gente capisce, la gente vede». Quando il governo lo ha nominato commissario straordinario per la ricostruzione del Ponte Morandi, Bucci è stato contestato per i suoi «poteri speciali»: «Lo mettevo in conto. C'è sempre qualcuno che contesta, ma poi c'è sempre qualcuno che costruisce».

Sindaco Bucci, parliamo di poteri speciali. Servono poteri speciali e più coraggio - e ci riferiamo all'Italia in quarantena - per aprire tutto o per continuare a tenere chiuso tutto?

«Per me l'espressione poteri speciali non è altro che sinonimo di responsabilità. È sicuramente più facile chiudere tutto, più difficile è riaprire. Per ripartire basta il coraggio, responsabilità e naturalmente prudenza. Si può fare».

Si deve?

«In Liguria, ci stiamo già provando. Sono state riaperte delle attività e non si sono mai interrotti i cantieri. Penso che se permettiamo l'asporto delle pasticcerie non ha senso impedire l'acquisto dell'abbigliamento».

Lo chiamano «il miracolo Genova», ma i miracoli avvengono una volta sola. È d'accordo che il vero miracolo sarà non chiamarlo più miracolo?

«Il vero miracolo è fare sì che lo straordinario diventi ordinario. Parlo di Genova. Quando non si parlerà più del modello Genova ma solo di un modello, un modello esportabile, in quel momento avremo vinto. Io ci credo».

Lungo 1.067 metri, 18 piloni, 19 campate. E ci hanno lavorato 350 operai altrettanto esperti come lo sono quelli delle task force che sono 450 e che non vogliono fare uscire di casa i sessantenni. Sindaco, se non sbaglio, è la sua età...

«Compiuti da quattro mesi. Mi alzo alle sei di mattina. Alle sette e un quarto sono già in municipio. C'è una magnifica fascia di sessantenni che mi spingo a dire non è sufficientemente valorizzata, utilizzata. Possono e devono insegnare ai più giovani».

Cosa ci insegna il modello Genova?

«Io penso che più che insegnare ci consegna un sistema efficace che si può replicare in ogni parte d'Italia se solamente si ha voglia di farlo. Ieri abbiamo completato la struttura metallica, adesso manca l'asfalto. Ci tengo a dire che lo abbiamo fatto senza deroghe».

Raccontano invece che questo modello sia il trionfo della deroga e i sempre pessimisti dicono anche che sia pericoloso estenderlo.

«Innanzitutto voglio chiarire che abbiamo ricevuto una sola deroga. Al posto del codice degli appalti italiano abbiamo ottenuto il lasciapassare per seguire il codice degli appalti europeo».

Che cosa ha permesso di farcela?

«Abbiamo seguito un metodo che non è altro che parallelo e non sequenziale. È molto semplice: devono partire dieci cantieri? Partono tutti immediatamente e in corso d'opera si procede con gli aggiustamenti. Il progetto per il nuovo ponte lo abbiamo in pratica rifatto settimana per settimana, tenendo conto dei problemi che si presentavano di fronte a noi. Senza eluderli, ma superandoli. Non si dica che abbiamo usato scorciatoie».

Si dice che è stato possibile perché non avete avuto i lacci della burocrazia.

«La differenza è che noi i lacci li abbiamo usati. Abbiamo avuto un approccio da project management. Abbiamo pensato a come finire questo ponte, previsto gli intervalli, le eventuali soste. Abbiamo studiato tanto. Abbiamo studiato sempre».

Quanto tempo avreste impiegato con le procedure ordinarie?

«Senza dubbio sarebbero serviti tra i sei e i nove anni. Tre anni se ne sarebbero andati per presentare i progetti e poi per arrivare a quello definitivo. E poi ancora serviva quello esecutivo. Ma non sarebbe finita lì. Poi bisognava passare all'appalto. Ma si sarebbe rischiato il ricorso: Tar, Consiglio di Stato. Avrebbe portato via un ulteriore anno. E naturalmente si sarebbe messo come ostacolo il maltempo. Poi il problema dell'amianto. Oggi c'è anche l'epidemia. Un altro anno ancora per sospendere i lavori...».

Il cantiere è andato avanti malgrado l'epidemia. Non si è contagiato nessuno?

«Gli operai si sono fermati solo il giorno di Natale. La Salini Impregilo e Fincantieri avevano applicato un protocollo sanitario severo già a febbraio quando si è presentato il rischio del contagio. Ha funzionato».

Le fasi uno e due a Genova erano già state previste e superate?

«Misurazione della temperatura e tracciamento. C'è stato un caso di coronavirus tra gli operai. È stato individuato e chi era entrato in contatto è stato sostituito».

Sindaco,

rischiava di essere ricordato come il sindaco del crollo. Il ponte sarà invece la sua presidenza?

«Non sarà il mio ponte ma di tutti. La migliore prova che è più semplice costruire anziché perdere tempo a litigare».

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