Mi dissocio dal titolo del mio Giornale. Di Mario Draghi bisognerebbe oggi parlare male, ma proprio male, perché anche chi ieri voleva per ragioni misteriose parlarne malissimo si è fermato sulla soglia del «benino», un po' per mancanza di argomenti, un po' per mancanza di coraggio, con quei distinguo tra lui divino e il suo governo impresentabile. Non ce ne vorrà Mario Draghi, ma noi ci proviamo a smontare il suo ingresso trionfale sulla scena per onorare la nostra ragione sociale stampata ogni giorno sotto la testata : «Dal 1974 contro il coro».
Per esempio troviamo inaccettabile che Draghi non abbia mosso neppure il sopracciglio ascoltando per otto minuti il senatore Toninelli, già agente assicurativo di Soresina, che gli spiegava con piglio deciso e italiano incerto le cose da fare, molte delle quali sono le stesse che lui e i suoi amici Cinque Stelle non sono riusciti a fare nei loro quasi tre anni di governo. Non ci aspettavamo un plateale vaffa, ma un sorriso compassionevole ci avrebbe lasciati più tranquilli sul prosieguo del cammino del governo.
Andiamo avanti. È davvero scorretto che un neo primo ministro umili pubblicamente il suo ministro degli Esteri Luigi Di Maio sostenendo che l'Italia deve guardare a Occidente e non alla Cina, alla quale il medesimo Di Maio voleva spalancare le porte dell'Europa. Non si fa, è davvero di cattivo gusto e classista far passare per stupido uno solo perché nella vita ha fatto unicamente il venditore di bibite allo stadio San Paolo di Napoli.
Ma fino a qui passi. La vera, insopportabile arroganza è aver spiegato ai soci di maggioranza Zingaretti e Bersani che l'unica ricetta economica possibile per risollevare il Paese è quella liberale e solidale. Qui viene fuori tutta la spocchia del banchiere internazionale, dell'uomo dei poteri forti, non per la ricetta in sé ma per il cinismo. Questi - Zingaretti e Bersani - tengono mogli e figli, hanno una storia, dei vicini di casa che chiedono loro conto, non si distruggono così famiglie e comunità solo perché si arriva a sedere a Palazzo Chigi.
No, Draghi proprio non ci piace, figuratevi che al polso porta un banale orologio digitale tuttofare,
quelli che contano passi e battiti cardiaci. Ma si può? Financo Gad Lerner gira col Rolex, e dire che non solo non è un banchiere ma neppure un bancario. E vederlo rosicare è uno spettacolo che vale il prezzo del biglietto.
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