L'arte di far pagare l'arte

Sì, va bene. La vecchia storia che noi italiani non ci meritiamo la Bellezza che abbiamo ereditato... Che noia

L'arte di far pagare l'arte
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Sì, va bene. La vecchia storia che noi italiani non ci meritiamo la Bellezza che abbiamo ereditato... Che noia.

E adesso, pagata la tassa sui luoghi comuni, andiamo al dunque.

Giorni fa la direttrice della Galleria dell'Accademia di Firenze, Cecilie Hollberg, che poi si è scusata, ha accusato la città del Giglio di essere diventata «una meretrice» a causa dei troppi turisti. È vero, poteva usare «escort», o «viado», e non sarebbe successo niente. Ma «meretrice» come parola è sempre meglio di «overtourism». E comunque il senso è chiaro: stiamo svendendo il meglio che abbiamo. Ieri invece il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, chiedendo scusa a tutti, ha iniziato il conto alla rovescia: a breve, per non fare scoppiare la città, entrerà in vigore il ticket di ingresso (5 euro) per i visitatori giornalieri. Di fatto una tassa di soggiorno anche per chi non dorme in Venezia.

Ci ripetono da anni che l'arte è il petrolio dell'Italia. Che ovviamente è una fesseria. Il petrolio si sfrutta (ecco il ticket), inquina (ecco città e musei affollati) e si esaurisce (ecco l'allarme quando è troppo tardi). L'arte non è il petrolio, è la vita. Va vissuta e basta.

In realtà e ci scusiamo anche noi - non sappiamo davvero da che parte stare fra il turismo ciabattone (che

aborriamo) e il turismo d'élite (che aborriamo due volte). Però, sinceramente, fra l'«area C» a Milano a 7,5 euro e il ticket a Firenze a 5 fare cassa per fare cassa meglio il Pantheon. Ah, no. Adesso è a pagamento pure quello.

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