"Processo mediatico, vi dico perché i genitori di Saman non c'entrano"

Il legale della coppia rinviata a giudizio è certo: "Posizione assolutamente difendibile"

"Processo mediatico, vi dico perché i genitori di Saman non c'entrano"
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I genitori di Saman Abbas, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, sono stati rinviati a giudizio per il presunto omicidio della 18enne pakistana scomparsa da Novellara, in provincia di Reggio Emilia, nella notte tra il 30 aprile e il 1 maggio 2021. Gli altri tre imputati sono: Danish Hasnain, considerato dagli inquirenti il presunto esecutore materiale del delitto, e i due cugini di Saman, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq.

"Il processo è ancora da fare e la posizione dei coniugi Abbas è assolutamente difendibile. Sono certo della non colpevolezza", spiega alla nostra redazione l'avvocato Simone Servillo, difensore dei genitori di Saman.

Avvocato Servillo, cosa ne pensa del rinvio a giudizio dei suoi assistiti?

“Per quel che mi riguarda, il rinvio a giudizio è liberatorio perché si farà il processo vero e proprio. Durante la fase dibattimentale saranno sviscerati tutti gli elementi relativi a questa vicenda e finalmente avrò modo di difendere in maniera piena i miei assistiti. Finora l'approccio è stato preminentemente mediatico e, per giunta, basato su una narrazione frammentaria. Col processo invece ci sarà un confronto tra la parti e quindi la possibilità di fare delle valutazioni più ampie sulle tesi della procura".

Ha avuto modo di parlare con i coniugi Abbas?

“No. Ma francamente dubito che sappiano di essere imputati in un processo per omicidio. In Pakistan questa vicenda non ha avuto lo stesso clamore mediatico dell'Italia”.

Quali sono gli elementi che depongono a favore dei genitori di Saman?

“Molteplici. Ma, per una questione di correttezza nei confronti della corte giudicante, mi riservo di sviscerarli durante il dibattimento. Però posso dirle che ci sono tante altre considerazioni da fare”.

Del tipo?

“Circa la presunta 'fuga' dei miei assistiti, ad esempio".

Che intende dire?

“Non vi è motivo di ritenere che i miei clienti si siano sottratti volontariamente all'applicazione della misura cautelare prima e al processo poi. Senza contare che alcuni bravissimi giornalisti sono stati in grado di individuare il villaggio in Pakistan dove vivono i coniugi Abbas. Non credo sarebbe stato un problema per le autorità italiane reperire l'indirizzo esatto dell'abitazione e far recapitare ai miei assistiti la notificazione dell'atto giudiziario”.

Secondo lei, per quale motivo non sarebbe stato fatto?

“Anche questo aspetto dovrà essere chiarito in fase dibattimentale. Non vi è alcun motivo o impedimento per cui i miei assistiti debbano essere processati in assenza. Senza contare che, obiettivamente, non c'è alcuna prova del loro presunto coinvolgimento nella vicenda”.

Ritiene che siano estranei alla vicenda?

“Sono assolutamente convinto che non abbiano posto in essere alcun tipo di reato”.

E quindi cosa ne pensa del video in cui si vede Saman, con in spalla uno zainetto, dirigersi verosimilmente verso i campi in compagnia dei genitori?

“Si tratta di un frame video che non dimostra assolutamente alcunché. Anzi direi che è suscettibile di diverse interpretazioni. A livello mediatico l'intera vicenda è stata raccontata in modo frammentario e con una lettura molto parziale dei fatti”.

Trova?

“Certo. Ribadisco: tutti gli elementi emersi finora sono suscettibili di una molteplicità di interpretazioni e letture”.

Nei giorni scorsi ha rivolto un appello ai suoi clienti. C'è altro che vuole aggiungere?

“Più che un appello è un invito rivolto ai miei

assistiti a non confondere l'opinione pubblica con l'esito del procedimento processuale. Il processo è ancora da fare e la loro posizione è assolutamente difendibile. Sono certo della non colpevolezza dei miei assistiti”.

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