Cinque immigrati lavoravano nelle campagne di Nardò, un Comune in provincia di Lecce, per una paga di un euro e quaranta centesimi a quintale di angurie raccolte senza aver ricevuto alcun dispositivo di protezione individuale come guanti, scarpe o pantaloni anti strappo. Anzi, i braccianti stessi erano costretti a procurarsi autonomamente gli indumenti da lavoro. Inoltre, sul posto di lavoro, mancavano i bagni chimici e non venivano effettuate le visite mediche ed i corsi di formazione e informazione previsti dalla legge.
Per questo ieri i carabinieri della compagnia di Gallipoli, insieme a quelli del nucleo ispettorato del lavoro e del comando provinciale di Lecce, hanno arrestato un imprenditore agricolo di 37 anni di Nardò, incensurato, con le accuse di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
L'uomo è presidente del consiglio di amministrazione di un'azienda agricola che si occupa di impianto, cura e raccolta di frutta e ortaggi. Come dimostrato dalle indagini dei carabinieri di Lecce, il datore di lavoro ha utilizzato, assunto ed impiegato cinque braccianti agricoli di nazionalità tunisina, con regolare permesso di soggiorno, approfittando del loro stato di bisogno (sono tutti monoreddito con famiglie a carico) sottoponendoli a condizioni di lavoro che rientrano nelle condizioni di sfruttamento previste dalla normativa che punisce il caporalato.
I militari dell'Arma hanno documentato i fatti con videoriprese e fotografie, prove documentali e dichiarazioni dei braccianti. Gli operai avevano lavorato nei campi per la raccolta delle angurie nei fondi agricoli di Nardò dal 17 giugno al 2 luglio per dieci ore al giorno, con una retribuzione per tariffa a cottimo (come detto un euro e quaranta centesimi per quintale di angurie raccolte) in violazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali. Non è stata, inoltre, rispettata l'ordinanza del sindaco di Nardò in virtù della quale è proibito lavorare sui campi agricoli dalle ore 12:30 alle ore 16:30, nel periodo compreso dal 21 giugno al 31 agosto.
Uno dei braccianti ha riferito, inoltre, agli investigatori di aver subito qualche giorno fa uno strappo muscolare alla schiena, probabilmente a causa del duro lavoro. Dalle indagini è, inoltre, emerso che i lavoratori abitavano in una masseria di Nardò, di proprietà del padre del datore di lavoro, in una condizione degradante e pericolosa per la loro incolumità fisica. L'immobile, infatti, è stato messo sotto sequestro a scopo preventivo.
Non solo.
Sono stati sequestrati dai carabinieri anche un documento scritto al computer su cui erano riportate le giornate lavorative dei braccianti e la metodologia di pagamento e un quaderno adibito a libro paga degli stessi. L'imprenditore ora è agli arresti domiciliari. Le indagini sono state coordinate dal sostituto procuratore Paola Guglielmi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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