Leggi contro il cyberbullismo? Servono di più i genitori

Al solito la montagna ha partorito il topolino, il legalese ha prevalso sulla sostanza

Leggi contro il cyberbullismo? Servono di più i genitori

Il 20 settembre è stato approvato alla Camera il testo della legge - che ora passa all'esame del Senato - sul bullismo e cyberbullismo, un tema attuale e delicatissimo all'indomani dei fatti di cronaca che hanno attirato l'attenzione di tutti i media, dalle testate giornalistiche alle televisioni, sulla gravità del fenomeno sociale che ha rivoluzionato le modalità di comunicazione.

Benché la genesi di tale testo fosse lastricata delle più nobili intenzioni, al solito la montagna ha partorito il topolino, sicché l'italico legalese ha prevalso sulla sostanza. Aggiungendo poco o nulla di più a quanto già in vigore e con un piccolissimo maquillage ad un articolo del codice penale, la tanto pubblicizzata legge conferma discipline esistenti e ruoli già codificati (quello del Garante della privacy), agghindandosi di concetti astrusi quali tavoli tecnici, piani di azione integrati, codici di regolamentazione e campagne di informazione e prevenzione. Ma le parole, come i nobili intenti, non sono sufficienti per contrastare piaghe sociali quale è il cyberbullismo e tutto ciò che è cyberpatologico. Anche perché i «tavoli» o i «piani di azione integrati» potrebbero ben essere disposti dall'oggi al domani, senza bisogno di ricorrere al parto di una norma che, ad oggi, ha superato giusto il primo step di un logorante iter.

Pur essendo ovvio che serva una legge che disciplini e sanzioni coloro che si renderanno colpevoli di cyberbullismo, torno a ripetere che per debellare una devianza comportamentale così grave come quella che ammorba i nostri «nativi digitali», oltre alla legge dobbiamo essere noi, genitori, a cambiare marcia, svegliandoci dall'immobilismo in cui ci siamo avvolti, incapaci di reagire davanti ai pericoli della rete che possono portare bambini anche piccoli ad esserne vittime.

Serve dunque, a prescindere dalla legge, un riesame generale di coscienza di tutti i protagonisti della società corrotta dal cyberbullismo. Se noi genitori, per pigrizia o debolezza, cediamo alle richieste dei figli dotandoli fin dalle elementari di smartphone, c'è poco da legiferare. Dobbiamo renderci conto che ormai c'è una generazione di ragazzi modificati geneticamente con un organo in più, il cellulare di ultima generazione, quello che come una propaggine del corpo li segue nella veglia e nel sonno spalancando loro le porte delle relazioni virtuali fino a tracimare in un vero e proprio disturbo comportamentale, l'«internet addiction disorder».

Lobotomizzati dalla socialità digitale, i giovanissimi di oggi fanno sempre più fatica a capire la differenza tra virtuale e reale, abbacinati dalla vanagloria di un like, di un'amicizia in più, di un frammento di celebrità, ovviamente sul web. Così si video-registrano mentre compiono ogni scempiaggine e, purtroppo, il sesso la fa da padrone, spogliato di finalità affettive per scadere nel mero esibizionismo.

Capita così che un clic più o meno inconsapevole generi un'onda che torna indietro come uno tsunami, travolgendo il suo autore e la sua famiglia e ben lo posso dire io che, come avvocato, affronto sempre più spesso casi drammatici di baby bulli e di ragazzini denunciati per diffamazione via web. E in tutto questo noi genitori che facciamo, oltre a navigare noi stessi sottraendo tempo alle relazioni familiari?

Torniamo a fare i genitori, quelli di una volta però, ed educhiamo i nostri figli al privilegio di essere diversi, a comprendere la positività della diseguaglianza dalla massa, se questa va a schiantarsi. Armiamoci dell'atavica autorevolezza di genitori, riappropriandoci di quel difficilissimo compito educativo che ci appartiene dal momento in cui scegliamo di generare una vita.

Abbiamo la responsabilità, noi prima di ogni altro, di agire in protezione dei nostri ragazzi affinché non si trovino, un giorno, dall'una o dall'altra parte della barricata, come cyber-bulli o come vittime, in entrambi i casi distruggendo le loro vite e proiettando sui genitori responsabilità gravissime. Per la prima volta nella storia, in virtù di internet, rischiamo di non essere più noi adulti il punto di riferimento, proprio perché del cyber-spazio i ragazzi sanno molto più di noi.

Se non interveniamo con forza per ridefinire la bellezza di vivere il nostro mondo reale, fatto di responsabilità, di valori e trasmettendo l'etica che ci è stata insegnata dai nostri avi, lasceremo in eredità al mondo un esercito di catatonici ologrammi inconsapevoli di

ciò che è lecito o illecito, privati del senso del pudore, privi di ogni sentimento e cultura. Facciamo in modo che i nostri figli sfruttino le enormi risorse positive del web, e non vengano al contrario alienati da questo.

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