Un legume può aiutare i malati di parkinson

Un legume, la mucuna pruriens, è in grado di attenuare i sintomi della malattia di Parkinson, proprio come fa il farmaco oggi più diffuso, la levodopa

Un legume può aiutare i malati di parkinson

Un legume, la mucuna pruriens, è in grado di attenuare i sintomi della malattia di Parkinson, proprio come fa il farmaco oggi più diffuso, la levodopa: è una delle novità affrontate nel convegno “Parkinson oggi” organizzato dall’Associazione Italiana Parkinsoniani (AIP) sabato 26 novembre alle ore 9.30 presso l'Azienda Socio Sanitaria Territoriale “Gaetano Pini – CTO” di Milano (Aula Bajardi, via Bignami 1 – Milano). Tra gli altri argomenti trattati vi è anche uno studio per utilizzare le cellule staminali come veri e propri farmaci che prolunghino la vita dei neuroni dei pazienti e rallentino così la malattia.

Lo studio, condotto in Bolivia da ricercatori del Centro per la malattia di Parkinson e i disturbi del movimento del “Pini – CTO” di Milano, ha misurato i miglioramenti nella mobilità dei pazienti che assumono mucuna pruriens, un legume che naturalmente contiene un’elevata dose di levodopa, la sostanza più comunemente utilizzata per attenuare i sintomi della malattia di Parkinson.

La lavorazione dei frutti della pianta per questo uso è semplice: sono saltati in padella, triturati e somministrati ai pazienti. Nello specifico la varietà della pianta coltivata in questo Paese ha un contenuto di levodopa pari al 5,7% del suo peso.

Nel corso dello studio i ricercatori hanno valutato le capacità di movimento dei pazienti dopo 90 e 180 minuti dall’assunzione della mucuna e hanno misurato quanto impiegava per fare effetto e quanto durava la sua azione positiva.

I risultati più rilevanti sono stati riscontrati somministrando una quantità di mucuna contenente levodopa in misura 5 volte superiore a quella normalmente impiegata nei farmaci: la capacità di muoversi dei pazienti trattati in questo modo era superiore a quella di coloro che avevano assunto i tradizionali farmaci, sia dopo 90 sia dopo 180 minuti, e la mucuna risultava essere efficace prima e più a lungo. Inoltre, la sostanza era tollerata dai pazienti meglio dei farmaci. Lo studio ha anche misurato che una dose inferiore di mucuna, pari a un contenuto di levopa di 3,5 volte quello dei comuni farmaci, sortisce gli stessi effetti delle terapie farmacologiche oggi diffuse, anche se con minori effetti non desiderati.

Gianni Pezzoli, presidente dell’Associazione Italiana Parkinsoniani (AIP) e direttore del Centro per la malattia di Parkinson e i disturbi del “Pini – CTO”, precisa: “L’impiego della mucuna pruriens deve essere inteso come un’importante opportunità per trattare i pazienti con malattia di Parkinson in quei Paesi in cui le terapie farmacologiche risultino troppo costose per i sistemi sanitari nazionali e per i malati stessi.

Va ricordato, invece, che in Italia, dove le terapie farmacologiche tradizionali sono disponibili gratuitamente grazie al Servizio Sanitario Nazionale (SSN), non è necessario indirizzare i pazienti verso questo tipo di terapia”.

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