La lettera che inchioda Conte e i giallorossi: "Commercianti abbandonati"

“Il modello Italia”, un modello da non seguire: i piccoli commercianti prima di fallire scrivono a Conte

La lettera che inchioda Conte e i giallorossi: "Commercianti abbandonati"

La crisi economica peggiore nella storia della Repubblica italiana, con il governo peggiore della storia della Repubblica italiana. Ancora un mese così è sarà default per l’Italia. Pensioni tagliate, licenziamenti di massa, zero soldi per ammortizzatori sociali, prelievi forzosi sui conti correnti. Servirebbe un leader, ma ne abbiamo addirittura due: Conte e Di Maio. Il modello Conte è passato da “nessun allarmismo” a “chiudiamo tutto” con 6 decreti in 8 settimane. E ancora siamo chiusi. Il popolo italiano, ha risposto. Quel che è mancato finora è tutto quel che doveva arrivare dallo Stato, dal governo. Tutto si è aggravato mettendoci nelle mani del ceto politico più inetto mai avuto al potere (e ce ne voleva per battere i tanti predecessori campioni di mediocrità). I piccoli commercianti sono allo stremo delle forze. Non ce la fanno più a sostenere questo momento con un governo che li ha completamente abbandonati. Per questo che Monia Petreni, commerciante di un negozio di abbigliamento donna a Sarzana in provincia di La Spezia ha deciso di scrivere al presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

La sua lettera dà voce a centinaia di commercianti dell’Associazione Commercianti Uniti messi in ginocchio da un lockdown di 55 giorni. A rimetterci sono state soprattutto le attività di piccolo commercio al dettaglio. “Nel 2019 abbiamo fatto gli ordini per l’acquisto delle merci primavera estate 2020 – racconta Monia nella sua lettera al premier -. Nel mese di febbraio tali merci ci sono state consegnate e noi abbiamo rilasciato titoli di credito ai nostri fornitori con scadenze da marzo fino a settembre. Dai primi di marzo i nostri negozi sono chiusi e riapriranno probabilmente il 18 maggio. Quando riapriremo in ogni caso sarà molto difficile riuscire a realizzare delle vendite minimamente dignitose. I nostri magazzini sono pieni di merce ancora tutta da pagare. E noi non ci possiamo permettere di pagare quanto a suo tempo stabilito con i fornitori”. Se non ci saranno delle misure da parte del governo che possano trovare una soluzione a queste situazioni la maggior parte delle attività commerciali vedranno i titoli di credito protestati e quindi saranno costrette a chiudere per sempre. Del resto i fornitori che hanno in mano i titoli di credito sono restii a sedersi ad un tavolo e rivedere gli accordi sui prezzi e scadenze. Alla faccia delle decine di slogan ipocriti che girano in questi giorni sul tema “dobbiamo restare uniti”. “Se noi dettaglianti pagassimo il 100x100 di quanto a suo tempo stabilito ai nostri fornitori – prosegue Monia nella lettera - significherebbe che le conseguenze del Covid19 le avremmo subite solo noi, mentre tutti coloro che stanno a monte nella filiera commerciale non avrebbero subito alcuna conseguenza.

Oltre al fatto che non potremo essere in grado di fare fronte alle nostre obbligazioni così come a suo tempo concordate. Allora l'unica soluzione cui abbiamo pensato per agevolare un tavolo di trattativa con i fornitori per definire un nuovo accordo che preveda degli sconti e pagamenti dilazionati in modo da consentire una equa riparazione della perdita ed un minimo equilibrio per poter restare in piedi e forse ripartire, è il blocco delle iscrizioni di eventuali titoli di credito non pagati nel registro dei protesti. Questo provvedimento che noi pensiamo debba essere esteso fino almeno a dicembre 2020 nulla toglierebbe alla ragione di credito dei nostri fornitori, e avrebbe solamente lo scopo di agevolare un tavolo di trattativa”. L’attività di Monia è aperta dal 2012 e ha messo nel suo negozio tutta sé stessa, decine e decine di migliaia di euro personali, sabati, domeniche, feste sempre al lavoro, sacrificando la famiglia e tutti gli altri interessi. “L’ho fatto e lo faccio volentieri – conclude Monia - perché il lavoro è la mia vita, ed oggi il solo pensare che per motivi non dipendenti dalla mia capacità o incapacità imprenditoriale, mi debba trovare a chiudere con infamia, perché i titoli di credito protestati non mi consentiranno di avere rapporti bancari nel futuro, mi fa logorare l’anima”.

I commercianti disperati e sull'orlo del fallimento chiedono a Conte di provvedere ad inserire il provvedimento nel prossimo decreto “con la massima urgenza per evitare le imminente tragiche conseguenze”. Insomma, con l’aiuto del virus la lotta socialista dell’Italia contro chi tiene in piedi il Pil sta realizzando il suo fine inevitabile: la povertà per tutti.

Abbiamo sottovalutato i Cinque stelle e il loro fantoccio di cartone Giuseppe Conte. Eravamo sicuri che avrebbero distrutto l’Italia, ma non pensavamo in così poco tempo. Ora l'"atto d'amore" per l'Italia ci vorrebbe da parte di Conte: quello di dimettersi.

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