Ora, dopo 15 anni, a quelle ossa senza volto e senza nome si potrà dare il riposo che meritano. Le moderne tecniche hanno permesso agli investigatori di estrarne il Dna e di identificarle: si tratta dei resti di Imane Lalou, donna di origini marocchine.
Imane era scomparsa nel 2003, a 32 anni, mentre viaggiava da Montecatini a Prato, per andare a trovare il marito. La madre della ragazza aveva visto la figlia, per l'ultima volta, il 27 giugno del 2003, quando aveva deciso di partire da Montecatini, dove abitavano insieme, per tornare dal marito, a Prato. Secondo le dichiarazioni rilasciate dalla donna agli investigatori, riportate dal Corriere della Sera, l'uomo aveva problemi con la droga e, per questo, aveva pregato la figlia di non tornare da lui. Quel giorno Imane era scomparsa. Ma la madre non aveva mai perso la speranza e aveva iniziato a cercarla, affidandosi anche alla trasmissione Chi l'ha visto?.
Poi, tre anni dopo, il 21 giugno del 2006, furono trovate delle osse, nascoste in un bosco vicino un'area di sosta dell'autostrata A1, raccolte in diversi sacchetti. Ora quei resti sono stati associati alla donna scomparsa. Non solo. Le indagini hanno stabilito anche che Imane era stata massacrata e poi fatta a pezzi.
Per questo, una delle ipotesi che gli inquirenti stanno vagliando è che la 32enne sia stata vittima di un
rito satanico e si indaga quindi per omicidio volontario e occultamento di cadavere. I magistrati, convinti che la verità non sia lontana, hanno lanciato un appello:"Chi sa qualcosa si faccia avanti".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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