Lo avevano accusato di aver compiuto una rapina che, però, non aveva mai fatto, perché a compiere quel gesto era stato un suo connazionale. Ma in carcere, per tre anni e mezzo, ci è finito lui. Ingiustamente. È accaduto a Viareggio, in provincia di Lucca, dove un giovane muratore tunisino, otto anni fa, ha iniziato una lunga storia processuale che lo ha portato dietro le sbarre, senza un motivo valido e per errore.
Rilasciato dopo anni
Secondo quanto riportato da La Nazione, oggi, l'uomo è tornato in libertà, perché lo scorso 16 dicembre, la Corte d'Appello di Genova, in sede di revisione del processo, ha revocato con effetto immediato le sentenze emesse il 30 maggio del 2012, dal tribunale di Lucca, e il 27 giugno 2014, dalla Corte d'Appello di Firenze, assolvendo il cittadino di origini tunisine dai reati ascritti "per non aver commesso il fatto".
La storia e l'inizio dell'errore
In base a quanto riportato dal quotidiano, Mounir Knani era arrivato a Viareggio dalla Tunisia nel 2000, quando aveva vent'anni. In Italia aveva scelto di lavorare come muratore e lì aveva iniziato la sua nuova vita, aprendo una propria ditta edile. Ma la mattina del 7 settembre 2011, all'improvviso, la sua vita veniva stravolta. Prima di andare al lavoro, infatti, Knani si era fermato al bar della stazione per prendere un caffè. In quella circostanza, aveva notato che un signore anziano lo stava fissando e poco dopo, infatti, il muratore era stato avvicinato da due agenti della polizia Ferroviaria, che lo avevano identificato e denunciato a piede libero.
La rapina (non commessa)
Secondo quanto ricostruito, l'uomo in questione lo avrebbe riconosciuto come uno dei due giovani che, poche ore prima, alle tre del mattino, armati di un'ascia e di un coltello, lo avevano rapinato, sottraendogli il portafogli con dentro circa 100 euro. L'uomo, che oggi ricorda quei momenti con emozione, avrebbe detto di essersi sentito spaventato al momento dell'avvicinamento degli agenti. Quegli attimi, per lui, sono diventati l'inizio di una sorta di incubo che lo ha portato in carcere a lungo.
"Avevo la coscienza pulita"
"Ero sotto choc, perché mi sembrava tutto assurdo", spiega oggi il muratore tunisino. Che continua: "Non avevo mai avuto problemi con la giustizia, avevo un lavoro e mi ero fermato solo a prendere un caffè. Alle tre di notte ero a dormire, a casa, con la mia compagna. Nelle immagini delle telecamere della stazione, io non comparivo mai all'ora della rapina. Avevo la coscienza pulita e pensavo che l'equivoco si sarebbe chiarito".
Il processo e la condanna
Ma il 30 maggio di otto anni fa, allo svolgimento del processo di primo grado, il muratore tunisino era risultato colpevole ed era stato condannato a quattro anni e otto mesi. Il 27 giugno del 2014, poi, anche la Corte d'Appello di Firenze confermava la sentneza di primo grado e la stessa cosa era accaduta in Corte di Cassazione, il 7 aprile del 2016, quando la sentenza era ormai diventata definitiva. Così Knan aveva fatto il suo ingresso in carcere, dove è rimasto fino al novembre del 2019, quando gli sono stati concessi gli arresti domiciliari.
Lo "scambio" di persona
Riabilitato e tornato in totale libertà il 16 dicembre scorso, al muratore, negli anni, hanno creduto nella sua innocenza la compagna, i familiari, il suo avvocato, Stefano Gambini, e l'ispettore di polizia, Luca Lombardi, "che non finirò mai di ringraziare", specifica Knani. A confermare che l'artigiano era completamente estraneo a quell'episodio, c'è stata la testimonianza di una giovane donna tedesca che, all'indomani della rapina, sapeva chi l'aveva commessa: il suo compagno, un altro cittadino di origini tunisine. Da lì, probabilmente, l'equivoco e lo scambio di persona.
Il vero colpevole
Il vero autore del colpo, infatti, era comparso nelle immagini delle telecamere della videosorveglianza della stazione.
L'uomo era stato arrestato 20 giorni dopo la rapina perché ne aveva compiuta un'altra, sempre alla stazione della città toscana e sempre con le stesse modalità. Le indagini investigative avevano fatto in modo che la ex partner venisse rintracciata in Germania, confermando così l'innocenza di Knani.
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