In Italia se si parla di mafia si pensa subito a clan appartenenti ad organizzazioni di origine calabresi, napoletane e romane. Impossibile non citare Mafia Capitale, al centro ogni giorno di nuove rivelazioni. Ma a Roma chi comanda davvero sono i clan “stranieri”. E tra romeni, russi e albanesi sono i cinesi, con le loro ventimila presenze sul territorio ad avere secondo gli ultimi dati, una maggiore organizzazione dei loro “affari” .
Numerosi i casi accertati in materia di immigrazione clandestina e sfruttamento del lavoro, nonché della prostituzione. Come anche il traffico illecito di rifiuti, altra allarmante situazione. A seguire poi ci sono la gestione illegale dei flussi migratori, il riciclaggio di denaro, la contraffazione e il contrabbando di merci che sono le loro principali e redditizie, attività. E pensate, con le mafie italiane non ci sono mai stati scontri, ma proficui rapporti d’affari.
Ad allertare gli investigatori sono stati gli enormi flussi di denaro, dall’Italia verso la Cina. Collegate ad altre attività illecite, evasione fiscale in primis. E’ sempre più elevato infatti il rischio di collegamenti tra la mafia cinese alle “mafie nostrane”, radicate da tempo nel nostro territorio.
Pur essendo molto difficile entrare nella criminalità romana cinese, da un’indagine sono venuti alla luce molte informazioni importanti su come operano questi clan stranieri. Inizialmente la mafia cinese è arrivata in Italia, per gestire l’immigrazione clandestina e/o le estorsioni all’interno delle proprie comunità. Dopodichè, soprattutto nella Capitale ma anche a Milano, c’è stata una vera e propria colonizzazione, grazie all’apertura di esercizi commerciali, ristoranti dove molte volte il personale è sfruttato.
Eccellenti, non c’è che dire nell’organizzazione i capo clan che si occupano di tutto. A partire dalle fasi di rilevamento dell’attività. I contanti necessari per l’acquisto, l’arredamento, e cosa più importante la scelta della famiglia che dovrà gestirla e a cui richiederanno in seguito, a tassi da perfetti usurai, i soldi prestati. Ma il loro business non si ferma soltanto ai loro connazionali, no. Nella zona multietnica di Torpignattara, di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo, c’è un calzolaio italiano da molti definito l’ultimo degli italiani che ha resistito all’assalto cinese: “ Mi hanno offerto 30.000 euro di buona uscita e nonostante io abbia detto più volte di no, sono ritornarti all’attacco per convivermi a rilevare la mia attività. E non so come facciano, tutto in contanti”. Proposta illecita se pensiamo che le nuove norme antiriciclaggio approvate dal governo impongono un tetto massimo di pagamenti in denaro contante di 5.000 euro.
Ma non c’è solo il quartiere di Torpignattara ad essere totalmente invaso dai cinesi. C’è anche quello di Piazza Vittorio Emanuele conosciuto come la China Town di Roma. Lì intere strade sono piene di negozi appartenenti a loro, dove si dice nei retrobottega ci siano attività legate al gioco d’azzardo e il riciclaggio di soldi. Ma le loro tracce sono visibili anche all’Esquilino, adiacenze Porta Maggiore, Casilina e Prenestina. Questa chiamiamola colonizzazione è dovuta anche alla loro facilità di avere ingenti somme di denaro in contanti. E per i commercianti italiani è impensabile poter competere con loro sull’acquisto o affitto dei locali da adibire ad esercizi commerciali, per il semplice fatto che non dispongono affatto di cifre simili.
Le indagini proseguono ma le difficoltà per riuscire a comprendere questo fenomeno in crescita non sono poche, anzi. Una su tutte, la lingua. Il cinese infatti comprende numerosi dialetti, diversi a seconda delle regioni di nascita. Questo rende ancora più difficile, per gli investigatori , tradurre e trascrivere le varie intercettazioni ambientali telefoniche.
Altro dato non da trascurare è la riconoscibilità di queste persone. I tratti somatici dei cinesi inducono molte volte a confonderli l’uno con un altro. Oppure scambiare un coreano per un giapponese e viceversa. Questa difficoltà per gli italiani è sfruttata a dovere da questi clan, soprattutto quando all’improvviso un loro connazionale “sparisce”. All’interno della comunità criminale cinese infatti gli omicidi sarebbero all’ordine del giorno ma per gli inquirenti è molto difficile venirne a conoscenza. Al momento della scomparsa del malcapitato è uso che i suoi documenti vengano presi da un suo connazionale, certi che nessuno se ne accorga. Certo a parte la famiglia della vittima, è ovvio.
I servizi Antidroga inoltre ritengono che pur non essendo attualmente il traffico di droga, tra le voci più importanti nel business
della mafia cinese, una possibile minaccia futura non è da escludere. Il mercato delle droghe sintetiche può essere fra poco tempo, una loro nuova e proficua attività, come d’altronde lo è da tempo nel loro paese d’origine.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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