Sono andate prescritte le accuse nei confronti di Claudio Scajola e Gianni De Gennaro, per la mancata scorta a Marco Biagi, ucciso dalle Br nel 2002. Lo ha stabilito la sezione distrettuale del tribunale dei ministri di Bologna, secondo quanto riportato dall'Ansa.
All’epoca Scajola e De Gennaro erano rispettivamente ministro dell’Interno e capo della Polizia. Con la prescrizione si chiude quindi anche l’inchiesta bis sulla mancata scorta al professore.
Dopo la prima archiviazione nel 2004, l’inchiesta bis sulla revoca della scorta era nata con l’obiettivo di approfondire le responsabilità di chi, dopo la revoca nel 2001, non dispose misure di tutela a favore del giuslavorista ucciso dalle Brigate rosse il 19 marzo 2002 sotto la sua abitazione nel centro di Bologna.
Negli atti dell’accusa il procuratore Roberto Alfonso e il pm Antonello Gustapane avevano elencato per Scajola e De Gennaro omissioni, che sarebbero state "poste in essere in violazione dei doveri su di loro incombenti per le pubbliche funzioni rispettivamente svolte, pur essendo il professore Marco Biagi sempre più noto nel dibattito politico-sindacale quale consulente del ministro del Welfare; e già ampiamente conosciuto dall’amministrazione della Pubblica sicurezza", proprio per essere già stato sottoposto a misure di protezione. Non sarebbe stata presa in considerazione, ad esempio,"l’elevatissima probabilità" che Biagi fosse divenuto, a partire dalla pubblicazione del cosiddetto Libro Bianco, "l’obiettivo principale delle Br-Pcc (che Scajola e De Gennaro sapevano essere in parte ancora in libertà, anche dopo la commissione dell’omicidio del professore Massimo D’Antona)".
Il reato contestato, la cooperazione colposa in omicidio colposo, però, è prescritto dal 2009, 7 anni e mezzo dopo l’omicidio del giuslavorista. Conclusa l'indagine a fine febbraio, la procura aveva chiesto al tribunale dei ministri di procedere nelle forme di rito all’interrogatorio di Scajola e De Gennaro, anche per sapere se intendessero o meno di avvalersi dell’intervenuta prescrizione. Era stato chiesto poi di disporre l’archiviazione per intervenuta prescrizione nel caso i due indagati non ci avessero rinunciato. Oppure di trasmettere gli atti alla Procura, con relazione motivata, per la loro immediata rimessione al presidente del Senato, qualora i due indagati avessero invece rinunciato alla prescrizione e il collegio avesse ritenuto di dover procedere.
Secondo quanto ha fatto sapere dalla difesa dei due indagati, rappresentata dagli avvocati Giorgio Perroni e Franco Coppi, nessuno dei due ha fatto richiesta di interrogatorio ma entrambi si sono affidati alle memorie scritte, e non hanno espresso la volontà di rinunciare alla prescrizione.
Prescrizione dichiarata quindi dal collegio del tribunale, che non sarebbe entrato nel merito della vicenda.Sulla prescrizione il procuratore capo di Bologna Roberto Alfonso si è limitato a dire:"Era la nostra richiesta".
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