È un colpo molto duro non solo per la ‘ndrangheta locale ma anche per il business legato all’accoglienza dei migranti: ecco come si può sintetizzare la sentenza di primo grado nell’ambito del processo “Jonny”.
Il procedimento per i 65 coinvolti che hanno chiesto il rito abbreviato, si conclude con la conferma di gran parte dell’impianto accusatorio scaturito nell’omonima operazione di due anni fa, con il quale gli inquirenti oltre a colpire il clan Arena, fanno luce sui tentacoli della ‘ndrangheta all’interno del Cara di Isola Capo Rizzuto, una delle strutture d’accoglienza più grandi d’Europa.
Perno centrale di quell’operazione sono soprattutto due soggetti: l’ex governatore regionale delle Misericordie, Leonardo Sacco, e l’ex parroco Edoardo Scordio. Quest’ultimo ha però optato per il rito ordinario, dunque ad essere giudicato nelle scorse ore dal gup di Catanzaro è per l’appunto Leonardo Sacco.
L’accusa per lui aveva chiesto 20 anni di prigione, lo sconto applicato dal gup è di appena tre anni a conferma della tenuta dell’impianto accusatorio: la sentenza per l’ex governatore delle Misericordie è dunque di 17 anni. Con la sua associazione Sacco ha gestito per anni il centro di accoglienza posto nella località balneare del crotonese.
Un affare, così come accertato in fase di indagine, da diversi milioni di Euro che ha subito fatto gola alla potente ‘ndrina locale costituita dalla famiglia Arena. La responsabilità di Sacco sarebbe stata quella di aver favorito l’ascesa della criminalità organizzata nella gestione del Cara di Isola Capo Rizzuto.
La ‘ndrangheta ad un certo punto avrebbe iniziato a controllare buona parte delle attività connesse al settore dell’accoglienza all’interno della struttura, imponendo a volte anche forniture e personale da assumere. Anche se per dodici capi di accusa risulta assolto, per Sacco il numero così elevato di anni nella condanna è da attribuirsi soprattutto al riconoscimento dell’accusa di associazione mafiosa.
L’ex governatore delle Misericordie comunque non è il soggetto destinatario della condanna più alta nella sentenza di Catanzaro: da questo punto di vista infatti, la pena più importane risulta inflitta a Pasquale Arena. Contro di lui il gup ha emesso una sentenza che parla di 20 anni e 2 mesi di carcere. Così come riporta il Quotidiano del Sud, a spiccare sono anche i 20 anni ciascuno inflitti ai cugini Antonio e Ferdinando Poerio, titolari della società di catering Quadrifoglio. Altre condanne importanti risultano invece contro Giuseppe Arena e Paolo Lentini: per loro, in totale, la sentenza è di 16 anni e 4 mesi ciascuno. Inoltre, su 65 imputati al processo si contano sedici assoluzioni.
In generale comunque, l’impianto
accusatorio che evidenzia gli interessi mafiosi sul Cara di Isola Capo Rizzuto sembra aver retto alla prova delle prime sentenze. Prosegue nel frattempo il procedimento contro i 37 imputati che hanno scelto il rito ordinario.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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